Le ribellioni del popolo dei social, i telecronisti e le gare sportive
I social sono diventati il termometro dei nostri giudizi. Anche se le stime di misurazione sono approssimative (con quanti tweet si diventa «popolo della rete»? Sei, otto, venti?).
È bastato che Riccardo Trevisani e Lele Adani alzassero i toni della voce per commentare il finale di Inter-tottenham perché i social decretassero l’impazzimento dei due: «Dategli un calmante», «Questa è trash tv», «Completamente impazziti senza senso», «#Adani e #Trevisani si facciano una camomilla. È stato uno spettacolo imbarazzante. La gente non paga per sentirli urlare! Vogliono una telecronaca seria!».
In effetti, i due si sono lasciati prendere dall’enfasi, ebbri di gioia per il ribaltamento del risultato nel finale di partita.
Al contrario il popolo dei social ha decretato che l’ex giocatore Andrea «Lucky» Lucchetta, ora commentatore del volley, è un idolo. Le sue frasi vengono collezionate con cura: «Ci vuole la maschera d’ossigeno per frenare la tachicardia», «andare a cecchinare», «mandare il giocatore X dalla manicure», «la betoniera era pronta per scaricare il cemento», «una cipolla di Tropea rovesciata», «dacci il nostro ace quotidiano!», «anche voi dai divani, su con le mani!». Dice anche banalità del genere «bisogna essere più cinici» ma, soprattutto, annienta completamente il telecronista Rai Maurizio Colantoni. Il protagonista è lui. Certo, i Lucchetta, i Meda hanno reinventato un linguaggio, con tanto di licenza poetica, per commentare sport che fino a ieri non erano così popolari come il calcio (ma il merito è anche di Valentino Rossi e della Nazionale di Volley) e questo è un valore di non poco conto.
La domanda vera, quella che giriamo ai social, è un’altra. Il telecronista e il commentatore sono al servizio dell’incontro o vale invece la nuova regola che la competizione sportiva è al servizio del telecronista?