L’erba del Vecino
Se l’immaginifico Lucchetta tende le corde vocali come le corde di un’arpa per chiosare le imprese dei pallavolisti azzurri a colpi di metafore («un attacco all’azoto liquido»), diventa un idolo della tv e i fan gli scrivono: «Lucchetta, commentami la vita». Ma se i telecronisti Trevisan e Adani esaltano con altrettanto vigore la vittoria in rimonta dell’inter di Vecino contro il Tottenham, in molti li accusano di retorica e partigianeria. La differenza non è solo che la pallavolo è meno divisiva del calcio, ma che Lucchetta si occupa di una pietanza tiepida, la Nazionale: qualcosa che è di tutti e di nessuno, come lo Stato. Mentre Trevisan e Adani maneggiano carne viva: il campanile. L’italia è un sentimento affettuoso e blando. Il campanile, una malattia amorosa che si esprime nel provare gioia per le disgrazie altrui.
Si può discutere sulla perdita di freni inibitori che, dopo avere avvelenato i talk politici, ha contagiato le telecronache sportive nella convinzione che rappresenti un sintomo di sincerità. Però non illudiamoci che ad avere trovato irritante la telecronaca pro-interista sia stato un circolo zen. Erano semplicemente degli italiani che tifavano Tottenham. Così come ieri sera non pochi connazionali, al momento dell’espulsione di Ronaldo a Valencia, si saranno ricordati di avere dei parenti in quella città. E non interessa che la sconfitta di una squadra italiana affossi il prestigio dell’intero movimento. Da noi le opposizioni tifano sempre per i governi stranieri.