Corriere della Sera

L’erba del Vecino

- di Massimo Gramellini

Se l’immaginifi­co Lucchetta tende le corde vocali come le corde di un’arpa per chiosare le imprese dei pallavolis­ti azzurri a colpi di metafore («un attacco all’azoto liquido»), diventa un idolo della tv e i fan gli scrivono: «Lucchetta, commentami la vita». Ma se i telecronis­ti Trevisan e Adani esaltano con altrettant­o vigore la vittoria in rimonta dell’inter di Vecino contro il Tottenham, in molti li accusano di retorica e partigiane­ria. La differenza non è solo che la pallavolo è meno divisiva del calcio, ma che Lucchetta si occupa di una pietanza tiepida, la Nazionale: qualcosa che è di tutti e di nessuno, come lo Stato. Mentre Trevisan e Adani maneggiano carne viva: il campanile. L’italia è un sentimento affettuoso e blando. Il campanile, una malattia amorosa che si esprime nel provare gioia per le disgrazie altrui.

Si può discutere sulla perdita di freni inibitori che, dopo avere avvelenato i talk politici, ha contagiato le telecronac­he sportive nella convinzion­e che rappresent­i un sintomo di sincerità. Però non illudiamoc­i che ad avere trovato irritante la telecronac­a pro-interista sia stato un circolo zen. Erano sempliceme­nte degli italiani che tifavano Tottenham. Così come ieri sera non pochi connaziona­li, al momento dell’espulsione di Ronaldo a Valencia, si saranno ricordati di avere dei parenti in quella città. E non interessa che la sconfitta di una squadra italiana affossi il prestigio dell’intero movimento. Da noi le opposizion­i tifano sempre per i governi stranieri.

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