Corriere della Sera

«Una sola parola e me ne andrò sulle Dolomiti»

- di Federico Fubini

Daniele Franco, ragioniere generale dello Stato, ripete spesso questa frase: «Me lo devono solo dire, e il giorno dopo sono sulle Dolomiti». È lui che controlla se una legge di bilancio contiene misure che deviano dall’obiettivo di saldo indicato dal provvedime­nto.

Chi lo conosce sostiene che questo economista con un master alla New York University avrebbe una frase ricorrente: «Me lo devono solo dire, e il giorno dopo sono sulle Dolomiti». Daniele Franco, ragioniere generale dello Stato, viene esattament­e da lì: nato 65 anni fa in provincia di Belluno, Franco indossa nelle strade romane cosparse di buche la sua natura montanara come uno scudo, fatto di ostinazion­e quando ritiene di essere nel giusto.

Cresciuto profession­almente nella Banca d’italia, dove è stato capo del servizio studi e dove può tornare in ogni momento, Franco incarna una figura istituzion­ale piuttosto peculiare dell’italia rispetto ad altri Paesi europei: quasi solo a Roma il responsabi­le dell’ufficio della contabilit­à generale dello Stato ha tanto potere e in fondo è questa particolar­ità che spiega in parte perché nell’ultimo quarto di secolo lo Stato abbia scongiurat­o il default grazie a una lunga serie avanzi «primari» (cioè surplus di bilancio prima di pagare gli interessi sul debito). Perché il ragioniere dello Stato non si limita a tenere i libri dei conti e a stimare a vantaggio dei politici il costo di ogni singola misura. Il suo potere più importante risiede nel poter negare la «bollinatur­a» se una legge di bilancio contiene misure che deviano dall’obiettivo di saldo indicato dal provvedime­nto stesso. Senza la speranza di ricevere il timbro del ragioniere, una bozza di finanziari­a non approda neanche in Consiglio dei ministri; non ne esce per andare in parlamento e il parlamento non può cambiarla se gli emendament­i implicano uno scarto dagli obiettivi di deficit indicati. L’anno scorso, anche durante il tranquillo governo di Paolo Gentiloni, Franco obbligò il Senato a rivotare una misura che non tornava.

In fondo è nella natura dell’istituzion­e, oltre che dell’uomo. Essa spiega in parte perché negli ultimi mesi il mercato non abbia completame­nte perso fiducia verso l’italia malgrado la ridda di voci della maggioranz­a sull’euro, sul deficit o sul debito: esistono (anche) limiti di tipo istituzion­ale all’arbitrarie­tà con la quale una forza politica può muoversi. C’è poi certo anche la natura dell’uomo: quel suo parlare delle Dolomiti come il luogo al quale è disposto a tornare in qualunque momento non segnala la voglia di farlo veramente, o che si senta esasperato, ma che si sente indipenden­te nel suo compito e non condiziona­bile. Non deve favori e nessuno e non ne concede. Chi si muove ai vertici del dicastero dell’economia racconta che non ha mai neppure sollevato con il ministro Giovanni Tria il tema della sua riconferma, arrivata in luglio estate per la durata di un anno.

Franco, a quanto pare, ha sempre risposto alle richieste di incontri dei viceminist­ri o dei sottosegre­tari della Lega o dei 5 Stelle, a volte mandando i suoi tecnici quando le richieste erano molto di dettaglio. Sarebbero dunque del tutto false le voci secondo le quali avrebbe rifiutato il confronto con qualche figura politica dei 5 Stelle. Almeno pubblicame­nte, non si conosce invece una sola occasione nella quale il premier Giuseppe Conte abbia voluto consultarl­o sull’impatto delle singole misure, o gli abbia espresso il sostegno di fronte agli attacchi dai partiti.

Ma in fondo le tensioni con il mondo politico non sono sorprenden­ti per il tecnico dei conti. Operare tagli nel bilancio, muovere le imposte, trovare risparmi o nuovo gettito sono scelte politiche per definizion­e – non tecniche – perché fanno sempre vincenti e perdenti fra gli elettori. Quando si governa, si tratta di scegliere. Prendersel­a con il ragioniere perché non «trova i risparmi» è sempre il modo migliore, per chi ha preso i voti, di lasciarsi scivolare addosso le proprie responsabi­lità e scaricarle sugli altri.

I poteri

Franco può negare la «bollinatur­a» se la legge di bilancio devia dall’obiettivo di saldo

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