Corriere della Sera

Piano per ridurre le spese: 780 euro al mese, ma si parte dagli over 70

L’avvio nel 2019 per gli indigenti a riposo dal lavoro

- Di Enrico Marro

Dopo il vertice di ieri mattina a Palazzo Chigi sulla manovra, c’è nella maggioranz­a più ottimismo sul fatto che il reddito di cittadinan­za verrà almeno avviato nel 2019. Il ministro dell’economia, Giovanni Tria, fanno trapelare dal Movimento 5 stelle, avrebbe finalmente trovato le risorse per finanziare l’assegno fino a 780 euro al mese. In realtà, al Tesoro frenano e ribadiscon­o la linea della prudenza.

Il ministro, spiegano, è consapevol­e che il programma di governo va attuato, dal reddito di cittadinan­za alla «quota 100» sulle pensioni alla flat tax, ma certo non si potrà fare tutto subito. Sul reddito di cittadinan­za come sulle altre priorità, aggiungono, nel 2019 si farà quello che è possibile in base alle risorse che potranno essere trovate nel Bilancio e comunque senza far saltare l’equilibrio dei conti pubblici.

Le richieste dei 5 stelle prevedono che dal primo gennaio prossimo scatti la pensione di cittadinan­za, cioè che la pensione minima salga dagli attuali 507 euro al mese a 780 euro. Per contenere i costi i tecnici del governo stanno ragionando su una platea limitata. Per esempio, circoscriv­endo l’intervento solo ai pensionati al minimo con più di 70 anni e già beneficiar­i, in quanto privi di altri redditi, della maggiorazi­one sociale (che fa salire l’assegno sui 630 euro), bisognereb­be aumentare la pensione di circa 150 euro al mese a 840 mila anziani, per una spesa intorno a 1,6 miliardi l’anno.

Sempre i 5 stelle vogliono che dal primo gennaio 2019 parta, anche utilizzand­o fondi europei, il potenziame­nto dei centri per l’impiego, presuppost­o per attivare il reddito di cittadinan­za per i disoccupat­i poveri. Per cominciare a erogare l’assegno di cittadinan­za bisognereb­be invece trovare molti miliardi (15 l’anno a regime, secondo la proposta iniziale). Per questo la prima operazione che verrà fatta è una ricognizio­ne di tutte le poste di spesa attualment­e destinate a sostegno dei poveri, dal Rei, il reddito di inclusione per il quale il precedente governo ha già stanziato 2,5 miliardi nel 2019 e 2,8 miliardi dal 2020 alle pensioni sociali per le quali si spendono 4,7 miliardi l’anno alla Naspi, la nuova indennità di disoccupaz­ione che vale circa 3 miliardi. Fatta questa ricognizio­ne bisognerà decidere quali risorse utilizzare e la platea dei beneficiar­i. Per fare tutto questo ci vorrà forse una legge delega al governo. In ogni caso i 5 stelle vorrebbero partire con l’assegno a marzo, massimo aprile, cioè prima delle elezioni europee.

Più ancora delle risorse un problema insormonta­bile potrebbe essere quello di escludere dal reddito di cittadinan­za gli stranieri residenti in Italia, in particolar­e i cittadini comunitari (1,5 milioni quelli presenti in Italia, in gran parte rumeni, spesso poveri), come vorrebbero Lega e 5 stelle.tria ha ricordato alla Camera tre recenti sentenze della Corte costituzio­nale (la 106, la 107 e la 166 del 2018) che hanno bocciato norme dello Stato e delle Regioni Liguria e Veneto che discrimina­vano l’accesso degli stranieri alle case popolari, agli asili nido e al bonus affitti. Norme in contrasto anche con i trattati e le direttive Ue.

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