May, Brexit e l’«umiliazione» europea «Chiedo rispetto per il Regno Unito»
Premier sempre più in bilico dopo il vertice di Salisburgo. Ma i suoi: «Rischia anche la Ue»
PONTIGNANO (SIENA) Gli emissari del governo di Theresa May giunti alla Certosa di Pontignano, nel cuore della campagna senese, per l’annuale conferenza italo-britannica, ieri si affannavano a spiegare che i colloqui del giorno prima a Salisburgo erano stati «costruttivi», che era questione di «dettagli» e che i problemi erano in gran parte dovuti a «fraintendimenti». Ma i giornali inglesi del mattino erano stati impietosi con la premier: «umiliazione», era il verdetto unanime sul vertice nella città austriaca. Perché i leader europei, a sorpresa, avevano respinto il piano di Londra per una Brexit «morbida» e messo così nell’angolo Theresa May, sempre più pericolante in casa propria.
Con il passare delle ore la pressione si era fatta insostenibile. E così a ora di pranzo la leader del governo britannico è comparsa in diretta da Downing Street, sullo sfondo di due bandiere nazionali, per rilanciare la sfida a Bruxelles: la May ha chiesto «rispetto» per il suo Paese e ha minacciato la rottura dei negoziati se non si The Times Il titolo dice: «Umiliazione»
troverà un compromesso accettabile.
Londra aveva proposto di restare nel mercato unico per industria e agricoltura e partecipare a una forma di unione doganale: uno scenario respinto dagli europei come impraticabile, perché metterebbe la Gran Bretagna nella posizione privilegiata di scegliere una membership della Ue à la carte. Il problema però, come ha spiegato ieri la stessa May, è che le soluzioni proposte da Bruxelles sono inaccettabili per Londra. I britannici rifiuta- no il modello di associazione «norvegese», perché implica la libertà di circolazione delle persone: che gli elettori col referendum hanno chiaramente bocciato. Ma non vogliono neppure uno scarno accordo di libero scambio, perché finirebbe per reintrodurre un confine tra le due Irlande.
Un rebus del quale è difficile intravedere la soluzione. E che mette la premier britannica in una posizione difficile sul piano interno, soggetta com’è agli attacchi dell’ala dura dei conservatori, guidati da Boris
Johnson. È anche per pararsi il fianco che ieri la May ha fatto questa uscita bellicosa: fra poco più di una settimana ci sarà il congresso del partito e lei vuole evitare che la contestazione si trasformi in un tentativo di defenestrarla.
A Pontignano gli uomini più vicini alla premier intravedevano ancora da entrambe le parti «il genuino desiderio di arrivare a un accordo». E assicuravano che avrebbero continuato a spingersi avanti sulla via del negoziato. Ma la verità è che il diavolo questa volta sta tutt’altro che nei dettagli, come sembrano voler credere a Londra. Perché a guidare il «fronte del rifiuto» nei confronti dei britannici è il presidente francese Emmanuel Macron: lui è stato esplicito nel dire che è impossibile che la Brexit si traduca in un successo per il Regno Unito, perché deve essere chiaro a tutti che fuori dall’europa le prospettive sarebbero magre per chiunque. Il leader dell’eliseo guarda preoccupato al crescere di sovranisti e populisti nel Continente: e vuole che l’umiliazione di Londra sia un monito per tutti.
La cosa interessante è che a Pontignano gli uomini di Downing Street hanno provato a rovesciare il ragionamento: stiamo attenti, hanno detto,
L’incontro
Gli emissari del governo alla conferenza italo britannica: una rottura non conviene a nessuno
perché il fallimento del negoziato sulla Brexit avrebbe un costo pesante per tutti, e non solo sul piano economico, ma soprattutto su quello geopolitico. «Consideriamo le sfide che si stanno presentando in Europa», hanno detto, per concludere però che un’uscita catastrofica di Londra dalla Ue sarebbe destabilizzante per chiunque. La partita che si gioca sulla Brexit, è sempre più evidente, riguarda non solo i britannici ma tutti gli europei.