Maldive, il «Paradiso» al voto sotto una pioggia di soldi cinesi
In ricordo dei tempi in cui, giovane impiegato del dipartimento delle Finanze, andava in ufficio in bicicletta, si è assicurato che il «Ponte dell’amicizia» — appena inaugurato: unisce la capitale Malé all’isola dove sorge l’aeroporto internazionale — avesse delle comode corsie per le due ruote accanto a quelle per le (ancora scarse) automobili. Abdulla Yameen, 59 anni, presidente uscente delle Maldive, è fiducioso di uscire nuovamente trionfatore alle elezioni in programma domani nei 26 atolli (e un migliaio di isole coralline) che compongono il Paradiso dei vacanzieri nell’oceano Indiano.
Dalla sua, ha gli effetti dell’apertura agli investimenti nelle infrastrutture, conseguenza dell’inclusione dell’arcipelago nel progetto cinese della Nuova Via della Seta: 1,3 miliardi di dollari (pari a un quarto del Pil nazionale) che sono serviti a costruire, oltre al ponte che attraversa un azzurro tratto di mare, alberghi, strade, estensioni dello scalo internazionale, impianti per lo smaltimento dei rifiuti e così via. Un fiume di denaro che tuttavia — suggeriscono fonti dei governi occidentali — ha schiacciato le Maldive all’orbita di Pechino. E ai suoi progetti di espansione nell’area.
Le isole così amate dai turisti di tutto il mondo (1,4 milioni di visitatori nel 2017) sono strategiche per la loro posizione lungo le autostrade del mare che uniscono i diversi continenti, e sono da tempo al centro di dispute tra India e Cina. Ma Abdulla Yameen non è uomo da perdersi in polemiche. Piuttosto, nei cinque anni in cui ha guidato il Paese (formalmente democratico da un decennio o poco più) si è preoccupato di disfarsi di qualunque figura istituzionale lo potesse minacciare. A cominciare dal fratellastro, Maumoon Abdul Gayoom (l’uomo che aveva aperto alle riforme liberali) e da Mohammad Nasheed, l’uomo che lo aveva battuto alle elezioni del 2012 ma si era visto annullare il voto: entrambi sono finiti dietro le sbarre in compagnia di due giudici della Corte Suprema e, via via, da tutti gli oppositori più in vista. «Yameen è un uomo estremamente abile — ha detto all’afp l’ex ministro degli Esteri Ahmed Naseem, oggi in disgrazia — c’è solo un problema: ha una natura criminale».
Il presidente in carica risponde alle accuse con un’alzata di spalle: «Se fosse vero quanto dicono di me — ha spiegato recentemente durante la campagna elettorale — se fosse vero che i maldiviani soffrono per la repressione, perché ogni volta che metto piede su un atollo qualsiasi vengo accolto da sorrisi e strette di mano?».
Per i 400 mila abitanti sparsi su un’area di circa 300 chilometri Oceano Indiano Ari Faafu Thaa Laamu Gaaf Alif
Seenu Xi Jinping, anni: il presidente cinese ha incontrato l’omologo delle Maldive lo scorso anno ISOLE MALDIVE
Baa Malé
Gnaviyani
Ponte dell’amicizia quadrati — termometro vivente del rischio inondazione da riscaldamento globale — gli investimenti caduti a pioggia dal Celeste Impero non possono non aver generato un indotto virtuoso in un’economia incentrata tutta sul turismo.
E certo la preoccupazione di possibili «ingerenze», in una politica che conosce soltanto la «versione del presidente Yameen», non può arrivare sulle spiagge candide e tra i banchi corallini aperti agli ospiti stranieri. Anche le accuse di possibili brogli, domani, non avranno eco tra le onde lunghe dell’oceano Indiano: Stati Uniti ed Europa hanno promesso «sanzioni» al regime se il «processo democratico» non sarà rispettato. Pechino osserva in perfetta serenità.
Nuova Via della Seta Pechino ha investito nell’arcipelago 1,3 miliardi di dollari: un quarto del Pil nazionale