Corriere della Sera

Antonia Arslan La scrittrice e la visita del presidente Mattarella a Erevan «Mi sono sentita accettata come figlia dei sopravviss­uti giunti in Veneto»

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spalancava la bocca urlando per lo spavento e, zac, in un baleno il nonno gli aveva già resecato le tonsille».

Che motivi avevano i Giovani Turchi per annientare gli armeni?

«Venivano dalle steppe. Avevano bisogno di una patria. La trovarono in Anatolia, sbarazzand­osi della popolazion­e autoctona. Molti di loro avevano studiato in Germania. Fu la prova generale della Shoah. I giornali tedeschi a fine Ottocento scrivevano: “Gli armeni sono gli ebrei del Medio Oriente”».

L’occidente sapeva, ma tacque.

«Il rapporto di Leslie Davis, console americano a Kharpert dal 1914 al 1917, corredato di foto agghiaccia­nti, è rimasto sepolto per 70 anni al Dipartimen­to di Stato Usa. Mio nonno mi raccontò come fecero i seguaci di Mustafa Kemal Atatürk ad abolire il fez».

Come?

«A chi usciva di casa con quel copricapo, glielo inchiodava­no in testa. Cambiarono persino i nomi delle città, dei monti, dei fiumi. Neppure i nazisti arrivarono a tanto. Subito dopo, la persecuzio­ne colpì l’ultima minoranza: i curdi».

Quanti armeni furono uccisi?

«Tra 1,2 e 1,5 milioni, forse 2 milioni».

Liliana Segre, uscita viva da Auschwitz, mi disse che il tempo della dimentican­za dura meno di un secolo. Poi i genocidi spariscono dai libri di storia.

«Il nostro sparì subito, tanto da far dire ad Adolf Hitler: “Chi si ricorda il massacro degli armeni?”».

Perché la Turchia nega ostinatame­nte il vostro olocausto?

«È pervasa da uno sciovinism­o spaventoso. I bimbi di 4 anni ogni mattina devono cantare l’inno nazionale. Riconoscer­e vorrebbe dire anche restituire. Io non possiedo nulla che attesti le origini familiari a Kharpert. Eppure mio nonno aveva quattro fratelli medici che giravano per la città cantando: “Siamo i felici dottori Arslanian”. Furono trucidati».

Si fida di Recep Tayyip Erdogan?

«No di certo. È un uomo astutissim­o. Sogna di annettersi la Siria e far risorgere l’impero ottomano, estirpando i curdi».

Sogna anche di entrare nell’ue.

«Portare 75 milioni di musulmani in Europa? Al fianco della Germania, con cui va d’accordissi­mo, Erdogan detterebbe legge a Strasburgo. Provo i brividi».

Quali sentimenti suscitano in lei i migranti che sbarcano sulle nostre coste?

«Pietà, perché mi ricordano Arussiag, Henriette e Nubar. Ma anche coscienza che le persone accolte hanno l’obbligo d’imparare la lingua e adeguarsi alle leggi del Paese ospitante. I miei avi lo fecero. Conosco un armeno di Milano che è andato all’agenzia delle Entrate per segnalare che si erano dimenticat­i di fargli pagare le tasse su taluni redditi».

Che riflessi ha avuto sulla sua vita lo sterminio degli armeni?

«Mi ha tolto qualsiasi forma di ansietà. Non mi agito per nulla, mai, perché penso a ciò che accadde ai miei progenitor­i e mi dico che il peggio del peggio lo abbiamo già vissuto. Credo che ogni individuo abbia dentro di sé un lago profondo, da cui trae forza. A me pare di ritrovarla quando ascolto il nostro canto di comunione, Der voghormia, Dio abbi pietà».

C’è qualcosa che in lei abbia provocato lo stesso orrore del Metz Yeghérn?

«L’holodomor russo, la carestia pianificat­a per cancellare un intero popolo. Da 3 a 5 milioni di contadini ucraini che Stalin soppresse portandogl­i via tutto, non solo il bestiame e le scorte alimentari, ma persino le sementi. Bisogna aver letto Tutto scorre... di Vasilij Grossman per capire che cosa significhi morire di fame guardando i propri campi incolti. L’ultimo boccone il padre lo dà al suo bambino. Dopo qualche mese arriva il poliziotto, apre la porta e dice: “Qua ce ne sono tre, due grandi e uno piccolo. Buttate via tutto”». ● Nel 2010, dopo essere finita in coma per un calcolo renale perforante, ha scritto «Ishtar 2. Cronache dal mio risveglio»

 ??  ?? Nello studio Antonia Arslan, 80 anni, nella sua casa di Padova. Sotto, una scena del film «La masseria delle allodole» dei fratelli Taviani Chi è● Antonia Arslan è nata a Padova il 30 aprile 1938. Scrittrice e saggista di origini armene, laureata in Archeologi­a, ha insegnato Letteratur­a italiana moderna e contempora­nea nell’ateneo della sua città● Sposata con Paolo Veronese, ex docente di Filosofia, ha una figlia, traduttric­e, Cecilia, che abita in Grecia● Dai racconti sul genocidio armeno che le fece il nonno Yerwant, capostipit­e di una dinastia di otorinolar­ingoiatri, nel 2004 ha tratto il suo primo romanzo, «La masseria delle allodole» (Rizzoli), che ha vinto i premi Stresa e Campiello, dal quale i fratelli Taviani hanno tratto il film omonimo. Nel 2009 è uscito«La strada di Smirne»
Nello studio Antonia Arslan, 80 anni, nella sua casa di Padova. Sotto, una scena del film «La masseria delle allodole» dei fratelli Taviani Chi è● Antonia Arslan è nata a Padova il 30 aprile 1938. Scrittrice e saggista di origini armene, laureata in Archeologi­a, ha insegnato Letteratur­a italiana moderna e contempora­nea nell’ateneo della sua città● Sposata con Paolo Veronese, ex docente di Filosofia, ha una figlia, traduttric­e, Cecilia, che abita in Grecia● Dai racconti sul genocidio armeno che le fece il nonno Yerwant, capostipit­e di una dinastia di otorinolar­ingoiatri, nel 2004 ha tratto il suo primo romanzo, «La masseria delle allodole» (Rizzoli), che ha vinto i premi Stresa e Campiello, dal quale i fratelli Taviani hanno tratto il film omonimo. Nel 2009 è uscito«La strada di Smirne»

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