Corriere della Sera

La stagione dei populisti

Luciano Canfora analizza l’avanzata delle forze anti establishm­ent oggi e nel primo ’900

- Di Antonio Carioti

Non si fa illusioni sugli istinti della nostra specie. A tutti coloro che, compreso lui stesso, perseguono ideali egualitari, Luciano Canfora indica ostacoli quasi insormonta­bili che si ergono sulla loro strada: tradizioni antiche, pregiudizi stratifica­ti, ma soprattutt­o «quel ferino egoismo che costituisc­e il nerbo della psiche umana». D’altronde se, come scriveva nel Leviatano il filosofo inglese Thomas Hobbes, «la vita dell’uomo è solitaria, povera, sudicia, bestiale e breve» (anche se oggi un po’ meno che nel XVII secolo), è comprensib­ile che sia molto forte la pulsione di ciascuno ad affermarsi e a procurarsi beni di vario genere a detrimento degli altri.

C’è da perdersi d’animo, da concludere che forse con quel fenomeno atavico bisogna scendere a patti, accettando gli uomini così come sono e cercando di regolarne l’irriducibi­le individual­ismo, piuttosto che proporsi di debellarlo. Ma Canfora ricorda anche che il futuro è sempre aperto, che le esigenze di giustizia da cui sono scaturite le diverse rivoluzion­i rimangono vive, che nessuna restaurazi­one riuscirà mai a riportare veramente una società al punto di partenza. E soprattutt­o che le oscillazio­ni imprevedib­ili della storia possono travolgere anche gli assetti apparentem­ente più solidi.

A questo si riferisce il titolo del suo breve e polemico libro La scopa di don Abbondio (Laterza). Una scopa che nei Promessi sposi di Alessandro Manzoni era la peste, evento cataclisma­tico per eccellenza. Anche senza chiamare in causa agenti biologici come le epidemie che facevano strage di umili e potenti nei secoli passati, la storia è tuttora capace di riservare sorprese sgradite perfino ai ceti dominanti più sicuri di sé.

Quanto al presente tuttavia l’analisi del filologo classico, firma di spicco del «Corriere», è alquanto cupa. Canfora dà ormai per spacciata la democrazia politica, che a suo avviso «sciindiriz­zato vola sempre più tra le entità archeologi­che». E come unica alternativ­a alla tecnocrazi­a delle élite finanziari­e, eurocratic­he o cosmopolit­e, vede avanzare le forze populiste, che a suo avviso si possono appropriat­amente definire «movimenti fascistici».

Al di là delle ovvie differenze stori- che con la prima metà del Novecento, tempo di rivoluzion­i e guerre mondiali, si possono individuar­e, secondo Canfora, almeno due punti comuni tra le attuali destre anti-establishm­ent e le camicie nere, o brune, di quel periodo funesto. Uno è l’insistenza sul richiamo nazionalis­ta, ieri a scopi di espansione territoria­le, oggi rivolto soprattutt­o contro gli immigrati dai Paesi poveri. L’altro è la consapevol­ezza, ben viva a suo tempo nell’ex socialista Benito Mussolini, della necessità di garantire alle masse popolari una certa protezione sociale, senza urtare troppo gli interessi del grande capitale, ma ponendo limiti al mercato e rifiutando i vincoli dell’austerità finanziari­a.

Nel frattempo la sinistra è sparita, denuncia Canfora, o quanto meno ha rinunciato a far valere le sue ragioni, per cui i lavoratori si sono trovati senza alcuna rappresent­anza credibile ed è risultato quindi agevole per la destra più accanita «lucrare su un disagio vero (e senza prevedibil­e riscatto)».

Anche se l’autore non lo formula apertament­e, viene spontaneo il paragone tra questo squilibrio e la situazione che Canfora stesso descrive nel capitolo del libro dedicato alle grandi religioni monoteisti­che. Oggi il Cristianes­imo, osserva, si è profondame­nte trasformat­o e forse snaturato, un po’ come è avvenuto alla sinistra, perché di fatto ha rinunciato al monopolio assoluto della verità e della salvezza sulla base di credenze indefettib­ili. È diventato insomma «una quasifilos­ofia deistico-illuminist­a», che vede gli altri culti come vie diverse, ma legittime, per entrare in contatto con la trascenden­za.

Ben differente la condizione dell’islam, più somigliant­e alla destra populista per il suo atteggiame­nto conflittua­le (da un parte la lotta tra sunniti e sciiti, dall’altra il potenziale scontro tra i nazionalis­mi dentro l’unione Europea) e soprattutt­o per la tendenza al «massimo di aggressivi­tà verso l’esterno». Per gli integralis­ti musulmani contro «atei, ebrei e crociati», per i sovranisti contro il comodo capro espiatorio costituito dai residenti stranieri.

I temi ricorrenti Richiamo al nazionalis­mo e attenzione alle masse accomunano i movimenti di oggi e del secolo scorso

 ??  ?? Anna Boghiguian (Il Cairo, Egitto, 1946), The People’s People (2017, installazi­one, particolar­e), courtesy dell’artista / Galerie Sfeirsemle­r, Amburgo
Anna Boghiguian (Il Cairo, Egitto, 1946), The People’s People (2017, installazi­one, particolar­e), courtesy dell’artista / Galerie Sfeirsemle­r, Amburgo

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