Cinema, teatro, moda Lo sfoggio della tiara diventa democratico
Al Museo del Gioiello 30 pezzi antichi e moderni Accanto all’arte orafa, l’interpretazione del design
Simbolo di regalità e potere sociale ed economico, corone e tiare sono da sempre segno distintivo destinato a poche teste. Capi ornati da gioielli protesi verso l’alto, spesso arricchiti da una croce, a sottolineare la vicinanza di chi le indossa con il divino, come la corona con la quale Napoleone Bonaparte fu proclamato imperatore dei francesi.
Manufatti ancora richiestissimi non solo da famiglie blasonate ma anche dal teatro, dal cinema e dalla moda, che le ha riportate in passerella, l’ultima Luisa Beccaria, in una sorta di invito ad essere regine rivolto a tutte le donne e, in occasione della London Fashion Week 2018, è riuscita a far sedere l’una accanto all’altra due sovrane di altrettanti regni molto diversi fra loro: la regina Elisabetta II e la direttrice di Vogue America Anna Wintour. «È la prepotenza immaginifica della moda», sottolinea Alba Cappellieri, direttore del Museo del Gioiello di Vicenza che, in occasione dell’apertura di Vicenzaoro, inaugura oggi la mostra «I gioielli del potere» che resterà aperta fino al 17 marzo. «Un gioiello ha diversi valori semantici — sottolinea Cappellieri — può essere più cose, un amuleto, un ornamento, un investimento, un prezioso o una moda. Accoglie mondi, valori e contenuti diversi fra loro. D’altro canto non bisogna dimenticare che la corona nasce come ghirlanda Dal trono alla passerella Letizia Ortiz, regina di Spagna, e due modelle di Luisa Beccaria alla Fashion Week di Milano
di alloro per premiare gli atleti nell’antica Grecia come segno di gloria eterna. In mostra abbiamo 30 fra corone e tiare (mezze corone per capelli aristocratici) preziose, non preziose; antiche e contemporanee. Da quelle di nobili famiglie a quelle di design».
«In linea con la versatilità del museo — sottolinea Possamai — capace di dialogare
con il contemporaneo, ci sono pezzi di ogni tipo e di ogni epoca: espressione dell’altissima manifattura orafa come la tiara in platino argento e diamanti realizzata dalla gioielleria Petochi di Roma nel 1874 per la famiglia Bulgarella di Trapani che, proprietaria di saline e tonnare, aveva scambi commerciali con la Libia. Quell’aristocrazia siciliana che viaggiava, andava a fare acquisti in continente e non si mostrava in società senza i dovuti segni distintivi».
Fra i pezzi più antichi in esposizione il Diadema Aureo di Hera Lacinia, in lamina d’oro, del IV secolo a.c., prestito del Museo Archeologico
di Crotone ma anche una corona del ‘700 in ottone che veniva messa sul capo di Gesù bambino nelle chiese, «che è poi la prima a cui si pensa», fa notare la curatrice. In mostra anche una corona realizzata da Ballarino Cavour di Torino che riprende tutta la tradizione della grande gioielleria piemontese.
Fra le opere moderne di particolare pregio una tiara e due corone di Platimiro Fiorenza grandissimo artista del corallo rubrum che tratta con una lavorazione antica importata a Trapani dagli ebrei del Maghreb, che utilizza la tecnica del doppio incastro. Non mancano i pezzi realizzati per il cinema: come la corona creata per Liz Taylor in «Il giovane Toscanini» del 1988 di Franco Zeffirelli o i pettini tiara indossati da Monica Bellucci nel film del 2006 «Io e Napoleone» di Paolo Virzi o le due corone della collezione di Gerardo Sacco per l’«amleto» sempre di Zeffirelli (per re Claudio e regina Gertrude) oltre alla Ghirlanda creata per Ofelia. Di Sacco anche la«tiara dei poveri», la Guazza del 2010, creata per una riduzione teatrale dei Promessi Sposi di Michele Guardì.
Ci sono poi cinque pezzi realizzati da Sharra Pagano fra la fine degli anni 80 e l’inizio dei 90, fra i quali una tiara del 1980 indossata dal soprano Ghena Dimitrova ne La Gioconda di Amilcare Ponchielli all’arena di Verona, con foglie di ottone dorato anticato e sabbiato, pietre in cristallo ed emerald montati a castone e pietra cabochon al centro. «Nonostante Sharra Pagano abbia sempre fatto gioielli per la moda o per il teatro — spiega Possamai — impiega tecniche importanti come la filigrana, il cesello, lo sbalzo. La tèchne è molto presente quindi anche là dove si utilizzano materiali poveri». E ancora pezzi che sono espressione del design contemporaneo come quelli di Cosimo Vinci o Alberta Vita fino alla tradizionalissima corona di Sergio Cielo, a otto punte in oro e diamanti, appena sfoggiata dalla nuova Miss Italia.
Il luogo L’esposizione «I gioielli del potere» nella Basilica palladiana aperta fino al 17 marzo