«A nove anni sognai l’inferno: ero destinato all’archeologia Ora racconterò la borghesia»
Il presidente Fai: la mia educazione familiare fu durissima
Andrea Carandini, 80 anni, archeologo e divulgatore, conosce ogni metro quadrato del Palatino dopo averlo scavato per decenni. Ha firmato, con Paolo Carafa e col suo gruppo di lavoro dopo più di vent’anni di studi e ricerche, lo sterminato «Atlante di Roma antica», ormai punto di riferimento accademico internazionale.
Cosa vuol dire per lei «essere italiano»?
«Sono legato all’idea dell’unità d’italia, così come la immaginarono i miei avi, perché ci avevano creduto. È essenziale per me l’antifascismo. Mio nonno paterno, Francesco Carandini, perse nel 1924 il suo posto di prefetto perché antifascista. Mio nonno materno, Luigi Albertini, direttore del Corriere della Sera, venne cacciato da Mussolini... E poi c’è un altro legame».
Quale?
«Non c’è altro luogo al mondo, come l’italia, in cui affondino così le radici della civiltà occidentale. Ovviamente Roma, poi il cristianesimo. Le stesse prime forme di capitalismo sono nate sia a Roma che a Venezia. In più è un luogo di strepitosa bellezza. Ecco perché vogliono venire tutti qui. In troppi».
Troppi chi?
«Troppi immigrati, troppi barbari dal basso».
turisti, troppi
Intende noi stessi che abitiamo in Italia?
«Purtroppo anche noi ci stiamo imbarbarendo. Insomma, sono tante le ragioni che mi legano al mio, al nostro Paese».
Le radici ricordano l’idea di scavo. Dunque l’archeologia. È qui, nelle radici, il senso della sua scelta di vita?
«Come motivazione generale forse sì... In realtà verso i miei 9 anni ebbi due sogni che poi si rivelarono profetici moltissimo tempo dopo. In uno cercavo mio padre, non lo trovavo, affrontavo una discesa agli inferi, in uno