Né chiusure né buonismi
Siamo tutti legati. Evitiamo sia chiusure identitarie sia i buonismi del «diverso è bello»
Siamo tutti legati. Evitiamo sia chiusure identitarie sia i buonismi del «diverso è bello». I valori sono utili in un oggi confuso tra un individualismo sfrenato e una rozza idea di democrazia.
Le prime righe e la citazione che le precede dicono subito lo spirito più profondo del libro, una ferma e calda umanità consapevole della brevità dell’esistenza ma anche del suo sanguigno e forte significato; consapevole soprattutto che nessun frammento di vita svanisce in un nulla indistinto, ma è un tassello della vita intera, di cui si è responsabili. «Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più tenerla» dice il passo evangelico (Luca, XVI, 2) scelto quale sintesi essenziale, cui seguono le prime righe: «Ho vissuto più a lungo di mio padre e di mio fratello maggiore…». La qualità della nostra vita non finisce alla punta delle nostre dita ma comprende chi ci sta intorno e, più oltre, l’esistenza di tutti. Michele Zanetti ha dato alla politica più di quanto abbia ricevuto e ha pagato senza batter ciglio, con tranquilla e ironica serenità, il prezzo per le sue iniziative più coraggiose e dirompenti, come la Riforma Basaglia che potrebbe portare pure il suo nome. La nostra fraterna amicizia dura da 68 anni, in cui abbiamo condiviso alcune tappe essenziali del nostro crescere e invecchiare, vicinanza nelle perdite affettive e momenti felici, da un leggendario match di boxe, con tanto di contratto e ring piantato in casa, alle gare su chi ricordava meglio a memoria i romanzi di Salgari. Le immagini di Ugo Guarino, geniali espressioni di una bislacca, irridente e calda fraternità umana, s’accompagnano coerentemente a questo Rendiconto.
La vocazione politica di Michele Zanetti nasce spontanea dall’incontro con le cose, fin dai tempi degli studi universitari di giurisprudenza a Trieste dove, dopo un breve periodo di insegnamento a Parigi, è stato docente di Diritto del Lavoro. Politica, polis, la Città, il bene comune ossia di tutti o almeno di quanti più possibile. Nel suo Rendiconto scrive raramente «io» e, molto più spesso, «noi». Chi sono, gli chiedo, questi «noi» e dove finiscono (se finiscono)?
Michele Zanetti — Il «noi» è importante per una molteplicità di motivi: per ridurre il narcisismo, per contenere la presunzione di chi ritiene di aver realizzato da solo qualcosa di significativo e per riconoscere di conseguenza il contributo che altri, a volte sconosciuti o restii ad apparire, hanno dato. Ma chi sono per te i «noi»?
Claudio Magris — In linea di principio, ogni individuo sulla terra è parte di noi. Naturalmente ci sono legami affettivamente ben diversi tra chi condivide la nostra vita e chi non abbiamo mai visto ma ciò non può cancellare il senso di una comune patria dell’umanità, che abbraccia differenti persone, nazionalità e culture, pietre di una casa comune. Ma due storture fatali minacciano quel senso del «noi». Da un lato la livida chiusura identitaria, il rifiuto di chi vive dall’altra parte della frontiera o anche solo alla periferia della propria città o in un altro gruppo sociale, etnico o religioso. Anche la famiglia può essere fondamentale per aprirci a un incontro con gli altri o per chiuderci in un particolarismo ringhioso. Dante diceva di aver imparato ad amar fortemente Firenze bevendo l’acqua dell’arno ma aggiungeva che la nostra patria è il mondo come per i pesci il mare. Dall’altro lato c’è lo sciocco e ideologico buonismo che sproloquia «diverso è bello» (dimenticando che anche Hitler era diverso), che si entusiasma (a parole) per lo straniero e ignora il vicino di casa, fomentando per reazione così le più grette chiusure localistiche, aggressive e razziste. In che senso il tuo cattolicesimo ha influito sulla tua azione politica?
Michele Zanetti — Ha influito moltissimo, sia come ispirazione e bussola di orientamento, sia come controllo e verifica di ciò che si sta facendo, soprattutto per registrare e correggere errori e cadute che inevitabilmente accompagnano l’attività di ciascuno. Il riferimento ai valori cristiani mi pare di grande attualità e utilità nell’epoca presente che, dopo aver cancellato le ideologie del Novecento, brancola in maniera confusa tra un individualismo sfrenato, così poco fecondo e produttivo in ambito socio-politico, e una visione rozza e riduttiva di democrazia quale ricerca di un consenso purchessia che porti alla conquista del potere. Anche tu hai avuto in gioventù una formazione simile alla mia… Claudio Magris — La fede è il senso dell’oltre, la resistenza al dominio delle cose così come sono e che pretendono di essere le uniche e le definitive, escludendo la possibilità di un futuro diverso dal sistema dominante nel presente. Horkheimer, il grande maestro insieme ad Adorno del pensiero negativo, non certo credente bensì caposcuola di un marxismo esperto della terribile realtà dei tempi nuovi, ha parlato di Dio come dell’«assolutamente Altro», sfida necessaria a un presente irrigidito incapace di pensare un futuro diverso e più umano. Tra le tue attività spicca quella, di particolare rilevanza pratica ed economica per la città, di presidente dell’ente Porto di Trieste. Come hai vissuto questa tua attività?
Michele Zanetti — Se penso ai 13 anni di presidenza del porto di Trieste, dei quali il primo è stato utilizzato per imparare il «mestiere» di amministratore di una realtà complessa e per me nuova, ho maturato alcune convinzioni sul rapporto tra tecnici e politici. Per sua natura e vocazione il porto franco di Trieste vive se ha buone relazioni internazionali che richiedono conoscenza e comprensione delle esigenze dei partner. Al politico è necessaria la conoscenza della materia grande o piccola che è deputato a trattare; egli non deve delegare al tecnico le scelte sostanziali. Il politico inoltre è chiamato a portare innovazione, anche se il nuovo può far paura. Ero riuscito a intessere una vasta rete di relazioni che avevano prodotto un buon numero di linee marittime, containerizzate e no, oltre a cospicui investimenti nello scalo. Purtroppo i miei successori hanno quasi azzerato il lavoro di 13 anni e soltanto oggi il porto si è nuovamente immesso su quella strada. Claudio Magris — L’esperienza più importante e rivoluzionaria del tuo lavoro è il tuo ruolo essenziale nella Riforma psichiatrica, la «Riforma Basaglia», che ha cambiato il modo di vedere la sofferenza, l’esclusione, l’emarginazione e ha ridato dignità di persona e diritti a chi era escluso dall’umanità, ignorato se non disprez-
I valori cristiani Sono utili in un oggi confuso tra un individualismo sfrenato e una rozza idea di democrazia