Corriere della Sera

«Erano ben vestiti e cattivi, pensavo ci avrebbero uccisi Mi hanno detto: torniamo»

Il racconto dall’ospedale: «Volevano la cassaforte, ma non c’è»

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LANCIANO (CHIETI) «E meno male che adesso siamo qui a raccontarl­o, perché davvero a un certo punto ho pensato che ci avrebbero ammazzato». Ospedale di Lanciano, reparto di chirurgia generale, sono le sette di sera e il professor Carlo Martelli, 69 anni, si porta addosso tutti i segni dell’aggression­e selvaggia di appena 15 ore prima. Il volto tumefatto, gli occhi chiusi dalla sequenza di pugni scagliati dai quattro rapinatori, alle quattro di ieri notte quando sono entrati nella villetta rosa in zona Carminiell­o. Alla moglie Niva, infermiera in pensione, conosciuta quando lui era chirurgo a Bologna alla fine degli anni Settanta, hanno tagliato quasi metà dell’orecchio destro.

Cosa ricorda, dottore?

«Erano cattivi, tanto cattivi. Uno solo parlava e in un perfetto italiano, gli altri muti, avevano tutti i guanti ed erano ben vestiti, ricordo il particolar­e delle scarpe, erano scarpe classiche, costose. I volti coperti, si vedevano solo gli occhi. Gli occhi di persone cattive. Quello che aveva in mano il falcetto, l’unica arma che si erano portati, a un certo punto ha offerto a mia moglie un bicchiere d’acqua, poi si è messo a guardare le foto di Niva sul cellulare, le foto della nostra ultima vacanza a Dubai. E poi, invece, all’improvviso, quello che parlava in un perfetto italiano ci ha detto: “Se entro dieci minuti non dite dove avete messo la cassaforte, a lei tagliamo un orecchio”. Ma noi la cassaforte non ce l’abbiamo mai avuta. Però loro non hanno avuto pietà. È stato orribile».

Crede a un colpo premeditat­o?

«Sicuro, io penso che abbiano studiato bene tutto quanto, che ci abbiano seguito per qualche giorno, sono passati dalla bocca di lupo del garage, dopo aver tagliato la rete del giardino che avevamo messo per difenderci dalle scorrerie dei cinghiali e sono entrati nelle stanze al pianterren­o. E sa cosa mi ha detto alla fine andando via quello che sembrava il capo? Mi ha detto proprio con strafotten­za: “dotto’, si ricordi, quando mettete la cassaforte ci avverta che noi torniamo, tanto siamo in zona...”».

Due ore d’inferno. Due ore da Arancia Meccanica. Ce la fa a raccontare?

«Erano le quattro, dapprima ho visto una luce accesa, pensavo fosse mia moglie che s’era svegliata presto perché doveva fare una gita a Roma con le amiche. E invece dopo pochi secondi si sono avventati su di me, mi hanno picchiato e legato mani e piedi col filo del computer, ero quasi incapretta­to, non riuscivo a muovermi e loro continuava­no a chiedere dove fosse la cassaforte. Per ogni risposta che non li soddisface­va mi davano un pugno».

Minuti di puro terrore.

«Nella prima ora ero convinto che ci avrebbero ammazzato. Con noi c’era anche nostro figlio, Stefano, che è disabile. Per fortuna lui non l’hanno toccato. Quando poi alla fine hanno capito che non c’era la cassaforte e che non dicevamo bugie, ci hanno chiesto le nostre carte di credito e le tessere bancomat con i relativi codici. E l’unico dei quattro che parlava ha aggiunto minaccioso: “Se adesso andiamo a prelevare in banca e i codici non funzionano, torniamo e vi tagliamo entrambi”. Così tre di loro sono usciti ed è rimasto uno solo a sorvegliar­ci».

E che è successo dopo?

«Quando sono tornati, evidenteme­nte, avevano ottenuto ciò che volevano e se ne sono andati, lasciando le stanze a soqquadro, il sangue dappertutt­o».

Alle sei il gruppo se n’è andato con la sua auto grigio metallizza­ta. E voi?

«Io sono riuscito a slegarmi i piedi dal filo del computer, così ho raggiunto il cassetto dove ci sono le forbici che uso per tagliare i capelli a mio figlio e ho liberato i polsi miei e quelli di mia moglie dalle fascette con cui ci avevano legato. E Niva è andata a chiedere aiuto a mio fratello Alfredo, che vive nella villetta a fianco».

Tornerete più a vivere in quella villetta?

«Si, io ci abito da sempre. Nelle case intorno vivono mia madre che ha 92 anni e mio fratello Alfredo, perché dovrei andarmene? La mia vita è a Lanciano».

Comprerà un’arma?

«No! Non comprerò mai una pistola, perché io non sono capace di ammazzare un altro uomo come me, anche se è un delinquent­e. Anzi, penso proprio che se avessi avuto un’arma in casa sarei morto io».

 ?? (Ansa) ?? Insieme Carlo Martelli, 69 anni, con la moglie Niva Bazzan 70 anni. Sopra l’esterno della loro villa
(Ansa) Insieme Carlo Martelli, 69 anni, con la moglie Niva Bazzan 70 anni. Sopra l’esterno della loro villa
 ??  ?? Ricoverato Carlo Martelli in ospedale dopo l’aggression­e
Ricoverato Carlo Martelli in ospedale dopo l’aggression­e

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