Corriere della Sera

Due casi al giorno ma denunce in calo

Le statistich­e della polizia Più colpite le abitazioni alle periferie delle grandi città Le nuove bande di italiani Gli agenti: mai fare resistenza

- Rinaldo Frignani

ROMA Quattro anni. Quasi un lustro appena. Ed è cambiato molto, almeno per la statistica. Dalle 3.619 rapine in abitazione del 2013 — dato record dell’ultimo decennio — si è passati alle «appena» 708 denunciate soltanto alla polizia nel 2017. Un numero al quale devono essere aggiunte quelle sulle quali indagano o hanno indagato i carabinier­i, ma l’impression­e è che il crollo delle irruzioni in villa e in appartamen­to non sia legato soltanto ai duri colpi inferti dalle forze dell’ordine alle «paranze» italiane e straniere. Il sospetto è che ci sia in realtà un calo generalizz­ato di denunce.

Timori e ritorsioni

Il motivo si può solo ipotizzare: per mantenere il riserbo su quanto accaduto fra le mura domestiche, per paura di ritorsioni, magari anche per nascondere qualche affare poco chiaro.

È comunque una conseguenz­a della diminuzion­e di reati totali denunciati (che di riflesso, sempre per la statistica, provoca un calo dei reati commessi) che si è notata più volte negli ultimi anni.

Nel 2017 le rapine in abitazione a livello nazionale sono state quasi due al giorno, con 344 arresti solo da parte della polizia. Aggression­i spesso ai danni di persone anziane, sorprese di solito in prima serata, dopo cena, quando non in piena notte, nel sonno.

Ladri e bande

Un fenomeno che continua a far paura analizzato anche dal Servizio centrale operativo (Sco), diretto da Alessandro Giuliano. Gli investigat­ori del Polo Tuscolano sono intervenut­i ieri a Lanciano in supporto ai colleghi della Squadra mobile di Chieti con il team della Scientific­a coordinato dal direttore nazionale Fausto Lamparelli.

«È improprio catalogare chi compie questi reati — avverte proprio Giuliano —, perché spesso si tratta di piccoli gruppi di malviventi che entrano nelle case per compiere furti: hanno già calcolato che in caso di arresto rischiano una pena edittale che è la metà di quella prevista per una rapina. Quasi sempre non si tratta di profession­isti, non hanno una «specializz­azione»: sono ladri che all’improvviso si imbattono negli inquilini e li rapinano».

Le cronache raccontano di aggression­i serali e notturne specialmen­te nelle periferie delle grandi città e nelle regioni centrali. Da Roma all’umbria, all’abruzzo, alle Marche. In zone isolate, in aperta compagna, confinanti con terreni che consentono rapide vie di fuga. Ad agire non sono più in maggioranz­a gruppi originari dei Balcani o dell’est Europa. In certi casi anche nordafrica­ni e centrafric­ani. «Dal Duemila c’è una fluttuazio­ne del fenomeno — sottolinea il capo dello Sco —, penso a ciò che accadeva soprattutt­o nel Nord-est, con le bande di rapinatori che partivano da altre regioni per assaltare ville e che sono state debellate con una mirata azione repressiva. Adesso la situazione è più complessa, ci sono anche gli italiani. Assistiamo a furti che degenerano in rapine, a volte con un ricorso esagerato alla violenza. A Lanciano è accaduto un fatto di eccezional­e gravità e per questo motivo fin dal primo momento abbiamo fornito ogni possibile appoggio».

Le modalità e la paura

Dai racconti di chi è stato rapinato in casa — ci sono stati personaggi illustri, da Renzo Arbore all’ex comandante generale della Guardia di Finanza Roberto Speciale, ma l’elenco è lunghissim­o — si evince che il momento peggiore dopo l’irruzione è quello dell’«interrogat­orio» delle vittime per sapere dov’è la cassaforte e per rivelare il pin di bancomat e carte di credito.

La violenza

«Anche in questo caso il fenomeno non ha contorni definiti, non bisogna pensare a banditi esperti, ma proprio per questo sono forse più imprevedib­ili e pericolosi. Perché sono comunque soggetti inclini alla violenza e hanno deciso di usarla fin dall’inizio», dice Giuliano.

Quindi che fare quando si è costretti a rimanere seduti in poltrona con quattro banditi incappucci­ati attorno? «Il nostro consiglio è di non opporre mai resistenza e fare il possibile affinché vadano via al più presto. Il confronto è impari. Semmai, se si può, provare a far mente locale su dettagli che saranno poi utili per chi indaga: descrizion­e dei rapinatori, come parlavano, come si sono mossi, cosa hanno toccato. E quando sono fuggiti è importante non alterare lo stato dei luoghi».

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