Il premier dell’era di Casaleggio che rimpiange il francobollo
Nostalgia canaglia , cantavano Al Bano e Romina, la coppia perfetta dell’italia semplice e idilliaca del tempo che fu e che i nostalgici ora al governo vorrebbero tanto far rivivere. Il premier Conte rimpiange l’epoca delle lettere scritte a penna, le lacrime d’amore asciugate sulla carta e il francobollo che tanto ardentemente gli italiani leccarono sulla busta come sigillo d’imperitura fedeltà. Anni di predicazione casaleggiana sul web che avrebbe rivoluzionato il mondo e la democrazia. Anni di Sacro Blog. Anni di culto della Rete. Anni di leoni alla tastiera per scrollarsi di dosso l’odiato establishment parruccone. E adesso arriva il premier che loda la superiorità del francobollo («Oggi è un po’ emarginato») sul tasto «invia», della penna sul computer, degli sguardi tra persone in carne e ossa sulle connessioni tra account velati da pseudonimi? Un deviazionista, questo premier che viola l’intoccabile dogma del web sovrano? Oppure succede che i Cinque Stelle, all’opposizione con il computer, siano diventati innamorati del fruscio della carta una volta al governo? Che poi, quando c’erano i sigilli di ceralacca a proteggere le lettere da incursioni indiscrete, non c’erano nemmeno i messaggi vocali su
Il web
E dopo anni di «Sacro blog» e leoni da tastiera il capo del governo ripensa a quando «Internet non c’era e ci si guardava negli occhi»
Whatsapp a mettere in imbarazzo i portavoce dei presidenti del Consiglio. E comunque si aggiunge un altro tassello a quella politica della nostalgia descritta sul Corriere da Antonio Polito e che sembra essere la cifra psicologica ed esistenziale decisiva dei Cinque Stelle non più di lotta ma solo di governo. Nostalgia del posto fisso e dello Stato protettivo e onnipotente istituzionalizzato nelle Partecipazioni statali, nostalgia delle domeniche con le pastarelle e senza ipermercati. Nostalgia di un’italia immobile e senza cantieri aperti, nostalgia delle pensioni erogate in giovane età. E nostalgia degli «anni bellissimi» vissuti da Conte a San Giovanni Rotondo «perché non c’era Internet e ci si guardava negli occhi». Oggi chi ha meno di trent’anni, però, non sa nemmeno cosa sia un francobollo, non ha mai scritto una lettera a mano, a mala pena sa mettere una firma prima di scannerizzare il documento cartaceo. Per il resto, magari il premier potrà ricevere il grato applauso dei suoi e dei nostri coetanei, che si sdilinquiscono nella nostalgia delle penne stilografiche regalate per la cresima, ma non quello dei trentenni, per i quali il piccolo mondo antico dei francobolli evoca le stesse immagini di passato suscitate in noi dalla lettura di Cuore di Edmondo De Amicis. Senza considerare inoltre che nell’epoca delle lettere vergate su carta pregiata difficilmente si sarebbe considerato decente un movimento politico ispirato al «vaffa» universale. Ma forse bisognerebbe aggiornare la nota massima secondo cui si è rivoluzionari a vent’anni e conservatori a quaranta. Ora bisognerebbe dire futuristi all’opposizione e nostalgici del buon tempo che fu quando si spalancano le porte di Palazzo Chigi, su carta intestata.