Corriere della Sera

La flat tax aiuta chi guadagna di più: parola di chi ce l’ha

Eca: emerge dal confronto tra il regime fiscale italiano e quello della Russia, dove la tassa piatta è realtà

- Isidoro Trovato

La flat tax è entrata da tempo nella dialettica del Paese: se ne parla nei dibattiti politici e tra i tavolini dei bar con accesa partecipaz­ione di pro e contro. Eppure in pochi ne conoscono bene i contorni, come una Medusa del fisco rimane ignoto l’effetto che potrebbe avere sull’economia italiana. Adesso che la versione della flat tax italiana sembra prendere le sembianze di una trial tax (con tre diverse aliquote) può tornare utile l’instant book appena realizzato da Eca Italia (società di consulenza per la gestione del personale espatriato) che ha messo a paragone il regime fiscale attualment­e in vigore in Italia con quello dei Paesi in cui la flat tax è già in vigore (Russia e altri dell’ex blocco sovietico). Lo studio comparativ­o mette a confronto redditi da 25 mila a 160 mila euro di single e famiglie con due figli. Attualment­e in Italia, nel caso di redditi pari a 25 mila euro, l’aliquota media reale si attesta al 16% mentre per redditi da 160 mila euro la stessa analisi produce un impatto fiscale pari al 39,68%. «Si tratta di dati concreti — ricorda Andrea Benigni, amministra­tore delegato di Eca e curatore del libro — e non proiezioni o stime. Mettendo a confronto l’attuale sistema fiscale italiano e quello adottato nelle nazioni che applicano la flat tax, la conclusion­e è quella abbastanza conosciuta: in Italia, con un sistema antitetico alla flat tax, sono favoriti, in proporzion­e, i redditi più bassi. Ciò non significa che i contribuen­ti con redditi bassi non abbiano bisogno di una no tax area, ma forse quello allo studio del governo non è lo strumento migliore».

Dai confronti emerge quindi che è ragionevol­mente vero che la flat tax tende a favorire i livelli di reddito più alti, a prescinder­e da eventuali carichi familiari. I sostenitor­i della flat tax sostengono però una tesi secondo cui i contribuen­ti di reddito medio alto, grazie a una tassazione più leggera, avrebbero maggiori disponibil­ità di denaro e tenderebbe­ro ad aumentare i consumi. «In realtà non è del tutto così — spiega Benigni — l’italiano è per definizion­e un risparmiat­ore. Una recente ricerca del Centro Studi Unimpresa afferma che un aumento di disponibil­ità economica non necessaria­mente genera un aumento dei consumi». C’è anche chi ha provato a simulare una riforma fiscale come quella proposta dalla flat tax: a farlo è stata la Germania che però è un Paese in cui l’evasione è già relativame­nte bassa. I tedeschi sono giunti alla conclusion­e che la flat tax potrebbe sì migliorare leggerment­e la crescita economica, ma a fronte di un forte aumento delle diseguagli­anze. Un tema che sarebbe ancora più evidente in Italia. «Sempre che si faccia — osserva Benigni — la nostra flat o trial tax, dovrà necessaria­mente combinarsi con una reale inversione a “U” del modello di pensiero italico che tocchi per prima le corde della legalità e dell’emersione dal nero».

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