Tensioni nel governo su Genova La Lega: «Basta tergiversare»
L’attesa sul decreto. Per il commissario spunta il nome di De Dominicis
ROMA Il ping pong tra un ministero e l’altro va avanti da giorni. E per quanto il premier Giuseppe Conte prometta che «a brevissimo» il decreto Genova sarà al Quirinale per la firma, lo scontro tra M5S e Lega rischia di rallentare ancora l’iter di un provvedimento molto atteso. Oggi la città ferita dal crollo del ponte Morandi accoglie Sergio Mattarella in visita al Salone nautico. Ma il presidente non ha ancora visto il testo e difficilmente potrà firmarlo entro stasera, come i grillini speravano. «Ogni ritardo sarebbe grave», ammonisce l’arcivescovo Angelo Bagnasco. E il Pd attacca: «Uno schiaffo alla città». E intanto nella maggioranza cresce la tensione.
I vertici della Lega non riescono più a nascondere l’irritazione per quello che chiamano il decreto fantasma, chiedono al presidente del Consiglio di accelerare e di «metterci la faccia». Lamentano che il decreto strada facendo sia diventato troppo voluminoso, il che rischia di complicare molto l’iter parlamentare. Come ha detto sabato il sottosegretario alla presidenza Giancarlo Giorgetti, gli alleati «hanno voluto appiccicarci troppe cose», con il risultato che «più aumenti il numero dei vagoni più il treno rallenta».
Matteo Salvini e compagni prendono le distanze dalla timidezza del ministro Danilo Toninelli. «Non possiamo permetterci che passi ancora una settimana senza una risposta per Genova — sprona il sottosegretario leghista alle Infrastrutture, Armando Siri —. Serve uno che prenda il decreto in mano e dica “è così, punto, non voglio sentir fiatare nessuno”. Non possiamo più tergiversare».
Il testo, che stando agli annunci del governo doveva approdare oggi in Gazzetta Ufficiale, è alla seconda bozza, rimaneggiata di ora in ora. La prima era stata approvata «salvo intese» dal Consiglio dei ministri, poi sono intervenute diverse modifiche eppure, a quanto pare, il decreto non tornerà in Cdm e sarà spedito direttamente al Quirinale. «Un pasticcio», attaccano i dem dalla Liguria e sperano che i tecnici del Quirinale muovano al governo rilievi costituzionali.
I nodi da sciogliere sono diversi e intricati. C’è un problema di coperture, che secondo i tecnici di Palazzo Chigi riguarderebbe soltanto «misure secondarie», mentre per il ministero dell’economia investirebbe norme importanti. È irrisolto anche il fondamentale capitolo del commissario alla ricostruzione, che nella prima versione aveva poteri speciali «modello Bertolaso», come per il terremoto dell’aquila, mentre nella seconda ha poteri in deroga.
Il nome del commissario? Nelle ultime ore ha preso a girare con insistenza il nome di Rodolfo De Dominicis, presidente e ad di Uirnet, la società che ha realizzato la Piattaforma logistica nazionale (Pln) per il ministero delle Infrastrutture, ma tra i tecnici si parla anche del giurista Alfonso Celotto. È stallo anche sugli affidamenti. Le società pubbliche alle quali il governo pensava di far ricostruire il ponte, Fincantieri e Italferr, non avrebbero le «Attestazioni Soa», che secondo il Codice degli appalti certificano la
Le modifiche al testo Nonostante le modifiche il testo potrebbe andare al Colle senza tornare in Consiglio dei ministri
capacità di costruire opere pubbliche. Anche per questo il presidente della Liguria nonché commissario per un anno alla ricostruzione, Giovanni Toti, guarda con interesse al piano di Autostrade, che prevede di ricostruire il ponte in sedici mesi al massimo. Ma il ministro Riccardo Fraccaro conferma la volontà di estromettere Autostrade e appaltare la ricostruzione «a soggetti più affidabili». Si rischia però una guerra legale molto onerosa per lo Stato e Matteo Salvini a Non è l’arena, su La7, conferma l’apertura al gruppo Atlantia: «Autostrade? Deciderà il commissario».