Corriere della Sera

Da mediatore a «realista» L’ira di M5S su Giorgetti: ci sabota, si deve calmare

Malumori per le frecciate a Casalino e la linea su Tria

- Di Alessandro Trocino

ROMA È stato per qualche fugace momento uno dei possibili premier, quando ancora non si pensava a Giuseppe Conte, ma fu subito stoppato dai sospetti e dalla diffidenza dei 5 Stelle. E dopo un periodo di feeling, che sembrava aver posto Giancarlo Giorgetti in una posizione di mediatore nella coalizione, qualcosa si è rotto. E il sottosegre­tario leghista è diventato il terminale di un’insofferen­za reciproca.

L’ultimo scontro è di ieri, con le frasi riportate dalla Stampa da Varenna, dove Giorgetti avrebbe detto parole dure contro i 5 Stelle, a proposito del decreto sul ponte di Genova, che non arriva, e della revoca della convenzion­e con Autostrade: «Qualcuno dovrebbe spiegare loro come funziona il diritto». Giudizi subito smentiti da Giorgetti, che prima dice di non avere detto quelle cose, poi parla di «forzature», ammettendo implicitam­ente che qualcosa forse c’è. E quel qualcosa sta nella storia di Giorgetti, uomo abituato a mediare e a trattare con i poteri forti, e nel ruolo che si è scelto da qualche tempo. Cioè quello di un politico «realista», più moderato di Salvini, con posizioni ritenute pericolosa­mente vicine a quelle del ministro Giovanni Tria. Tanto che quando i 5 Stelle si indignano perché non si trovano i 10 miliardi di euro del reddito di cittadinan­za, lui sbuffa: «Cosa c’è da sorprender­si? È il gioco delle parti, il ministro dell’economia dice sempre di no». Ma è quel tono quasi soddisfatt­o che irrita i 5 Stelle. Ai piani alti del M5S qualcuno pensa che questo interventi­smo di Giorgetti non sia casuale: «Ci sta sabotando, bisogna che si dia una calmata». Altri sono più cauti, perché sanno che la partita si gioca anche sui nervi. Giorgetti ce li ha ben saldi, insieme al senso dell’ironia. Come quando, commentand­o il messaggio audio incriminat­o di Rocco Casalino, dice: «Basta non averlo il portavoce e non c’è problema». Battuta certo non gradita ai 5 Stelle, che di portavoce fanno un gran uso (anche Salvini, a dir la verità).

Ma le occasioni di contrasto con la linea dei 5 Stelle sono numerose. Fu proprio Giorgetti a intervenir­e, quando i 5 Stelle furono colti da furore statalista, dopo il crollo di Genova: «Le nazionaliz­zazioni? Non credo che con lo Stato funzioni meglio». Battute secche, talvolta ironiche, talvolta fuori controllo. Come quando, nel bel mezzo delle rocamboles­che trattative per il governo, si lasciò sfuggire davanti a un’agenzia: «Di Maio non conta più un cavolo, il leader incaricato sarà Salvini». Ma le prime incomprens­ioni, chiamiamol­e così, risalgono a quando scelse per la candidatur­a olimpica il tridente Milano-torino-cortina, invece di sostenere la sola Torino della 5 Stelle Chiara Appendino. Il fallimento successivo dell’operazione, con Toninelli che spingeva Torino, vede un Giorgetti irremovibi­le: «La vicenda è chiusa».

Non è chiusa invece la questione con M5S. Casalino non ha di certo apprezzato la frase con cui ha liquidato il suo audio: «Il capo della Comunicazi­one non può cacciare nessuno». Così come non è stato apprezzato quel suo «dobbiamo rispettare i vincoli dell’europa». Sui social infuria la guerriglia web dei 5 Stelle. Con messaggi chiari: «Attento Giorgetti, Conte ti rigira come un calzino». E ancora: «Ci si può fidare di Giorgetti?».

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