Corriere della Sera

La Svizzera che dice no al velo integrale

Referendum nel Cantone di San Gallo dopo quello del Ticino . Nel 2019 la consultazi­one in tutto il Paese

- Claudio Del Frate

In Svizzera da oggi sono due i cantoni dove alle donne di religione islamica è proibito l’uso del burqa. Al Canton Ticino, che già due anni fa aveva messo al bando il copricapo musulmano si è aggiunto quello di San Gallo. Qui il 67% della popolazion­e si è espresso a favore del divieto tramite uno dei molti referendum che sono il tratto distintivo della democrazia elvetica. Il no al burqa espresso nelle due regioni potrebbe essere solo l’anteprima di quanto accadrà in tutta la Svizzera il prossimo anno: il medesimo quesito sarà proposto infatti nel 2019 all’intera Svizzera sempre attraverso una consultazi­one popolare.

I due terzi degli aventi diritto di San Gallo (regione di lingua tedesca nel nord ovest del Paese) hanno espresso il loro gradimento a mantenere una norma di legge che così recita: «Qualsiasi persona che si renda irriconosc­ibile coprendosi il volto in uno spazio pubblico, e quindi metta in pericolo la sicurezza pubblica, la pace sociale e religiosa, sarà multata».

La norma era stata approvata dal parlamento locale su proposta dell’udc, il partito «sovranista» che rappresent­a la maggioranz­a relativa dell’elettorato elvetico. Verdi e socialisti avevano chiamato al voto i cittadini per abrogare il divieto, ricevendo però una netta bocciatura.

Il responso delle urne è figlio del clima che ormai da anni si è consolidat­o nella Confederaz­ione, un clima per la verità ambivalent­e: da un lato ci sono i timori per un’immigrazio­ne massiccia (la Svizzera è il Paese europeo con il più alto tasso di stranieri); dall’altro c’è un sistema che fino a oggi ha garantito una accettabil­e integrazio­ne tra diverse culture e l’assenza di episodi di terrorismo fondamenta­lista. In Ticino, dove la norma anti burqa è già in vigore (e dove il divieto riguarda anche la costruzion­e di minareti), le donne multate sino a oggi si contano sulle dita di una mano.

Gli elettori svizzeri ieri sono stati chiamati a rispondere ad altri quesiti, sia in sede nazionale che locale. Il più singolare di questi riguardava l’approvazio­ne di una legge definita «per il cibo sovranista». Una serie di associazio­ni chiedeva di introdurre nella Costituzio­ne norme di controllo sanitario più stringenti sui prodotti alimentari di importazio­ne. L’obiettivo dichiarato era favorire la vendita e il consumo di cibi «made in Suisse» rispetto a quelli provenient­i dall’estero considerat­i poco affidabili dal punto di vista sanitario.

La proposta tuttavia non ha convinto i consumator­i elvetici che l’hanno bocciata di larga misura con un 68,4% di no; solo nella zona di Ginevra la proposta del «cibo sovranista» ha ottenuto la maggioranz­a.

Divieto

Verdi e socialisti avevano chiamato al voto i cittadini per abrogare il divieto

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