«Italia eccellente, ma indietro di anni Il mio vice è ancora un precario»
Dopo 48 ore di veglia il medico che ha coordinato il primo trapianto di viso in Italia è amareggiato. «Purtroppo è vero, noi facciamo le cose belle con dieci anni di ritardo pur avendo tutte le competenze per la pole position», ammette il suo cruccio Fabio Santanelli di Pompeo, 58 anni, capo dell’unità di chirurgia plastica e ricostruttiva che tra sabato e domenica ha restituito un volto a una donna gravemente deturpata dalla malattia. È come se in questo momento da Guinness tornassero in gola i bocconi amari della carriera. Le difficoltà per raggiungere ogni obiettivo, i bastoni tra le ruote nel mondo universitario, la mortificazione per l’allievo di punta Benedetto Longo, secondo team leader dell’équipe, eppure precario.
Precario?
«Esatto, Benedetto ha 40 anni, un curriculum eccellente, anni di esperienza ad Harvard, eppure non ha il posto fisso. Precario. Ha un contrattino da ricercatore alla Sapienza che riesco a coprire con i fondi raccolti grazie alla mia credibilità scientifica. Guadagna quanto una colf, con tutto il rispetto per le colf. Si gratifica con le soddisfazioni al tavolo operatorio».
Perché succede?
«L’italia ha perso di vista le cose importanti da molti, troppi anni. Sono mancati governanti illuminati. Noi per questo trapianto eravamo pronti già da tempo. In Francia sono già a 7, siamo arrivati perfino dopo la Turchia, ripeto, la Turchia. La mia soddisfazione è che ora non devo dire grazie a nessuno tranne che alla volontà di aiutarci mostrata da ministero della Salute e Centro nazionale trapianti. Da noi le persone che valgono sono considerate rompiscatole».
Come si sente dopo la maratona chirurgica?
«Non molto diverso rispetto a prima, contento come quando torno a casa dopo aver aiutato un paziente. La mia è una chirurgia ad alta complessità, per niente remunerativa se non sul piano umano perché riusciamo presuntuosamente a restituire un pezzetto di vita a coloro ai quali non era stato concesso. Ogni volta che operiamo, si amplia la nostra famiglia di fratelli, cugini e figli acquisiti Corriere.it Sul sito del aggiornamenti e analisi sulle notizie del giorno
Il successo e lo sfogo mossi. C’erano anche due colleghi svizzeri ai quali ho chiesto di unirsi a noi per potenziare le nostre competenze. Come segretario generale della società europea ho rapporti internazionali e so dove pescare i migliori».
Come vi siete preparati?
«Avevo già fatto la stessa operazione a Göteborg, avevo 30 anni, il mio primo training. Durò 27 ore. Non so dire se sono stanco adesso, l’adrenalina è rimasta in circolo e se mi stendo sul letto gli occhi restano fissi al soffitto anche se stanchissimo. Sono molto resistente. A queste performance fisiche e di concentrazione si arriva osservando stili di vita adatti, costruiti in una vita. Un esempio banale? Niente aperitivi alcolici. Il futuro? Abbiamo in lista per il trapianto di viso altri tre pazienti per un totale di 5 previsti dal protocollo».
In questo Paese chi vale è considerato un problema La vera remunerazione è sul piano umano
Ci parli di lei.
«Per fortuna sono napoletano e dico per fortuna perché è un valore aggiunto. Ho cominciato a fare il medico nella mia città, poi la Svezia e dal ‘90 alla Sapienza. Sto scrivendo un libro dove racconto la mia esperienza professionale, si intitola «Giurami su tuo padre», a indicare i ricatti morali che si è costretti a subire. Il mio doppio cognome? Quel di Pompeo è di mamma. All’epoca feci una lunga trafila per unirlo».