Alberto Angela il divulgatore risveglia la «città dormiente»
N elle Opere morali di P. Daniello Bartoli (scritte nella metà del ’600) c’è una frase memorabile per descrivere la morte di Plinio il Vecchio. Al momento dell’eruzione del Vesuvio (così racconta Plinio il Giovane), questo protomartire della scienza era a capo della flotta stanziata al Capo Miseno; non volle abbandonare il suo posto e morì soffocato dalle esalazioni del vulcano: «e di spettator che vi andò, vi rimase spettacolo».
La frase mi è tornata in mente seguendo «Stanotte a Pompei», il viaggio di Alberto Angela nel Parco Archeologico di Pompei, tra le meraviglie della cittadina sepolta dalle ceneri dell’eruzione del 79 d.c., e nei siti di Ercolano, Stabia e Oplontis (Rai1, sabato, ore 21.30).
Il divulgatore dovrebbe essere il primo spettatore ma, a volte, a furia di «essere in campo», diventa lui stesso spettacolo. Nelle parole di congedo (era già passata la mezzanotte), Angela il Giovane ha sostenuto che Pompei non è un relitto, bensì una città ancora viva e il compito degli archeologi (e dei divulgatori) è proprio quello di svegliare la «città dormiente». Il programma si è retto per molto tempo su un doppio livello di scrittura: quello più propriamente finzionale (attori in costume per ricostruire la vigilia dell’eruzione) e quello con gli ospiti (con il rischio di leggere Pompei con gli occhi di oggi). Molto apprezzabili gli interventi di Vittorio Storaro, Nanà Cecchi ed Eva Cantarella.
Angela il Giovane ha ripetuto più e più volte che Pompei è stata sepolta da un «flusso piroplastico» (il materiale eruttato), per questo oggi noi possiamo vedere la città fissata in un fermo immagine quasi eterno, e tuttavia una città straripante di vita, di ostentazione, di caustico umorismo, persino irriverente verso le autorità. Se vi capita, guardate anche Pompei dal British Museum (2013), frutto della strepitosa mostra «Life and death in Pompeii and Herculaneum».