Genova, tensione sul decreto
Palazzo Chigi: tutto risolto. Ma il Tesoro ha preso tempo sui fondi per il ponte
Indiscrezioni, allarmi, smentite, conti da rifare e conti che vanno a posto: tensione sul decreto Genova e soprattutto sulla mancanza di coperture economiche. Palazzo Chigi in serata dice che «tutto è risolto». Ma il Tesoro ha preso altro tempo sui fondi per il ponte collassato il 14 agosto scorso. Il Quirinale attende il testo. Accuse della commissione ad Autostrade sul crollo.
Il giallo va avanti per ore. ROMA Dove è finito il decreto sulla ricostruzione del Ponte Morandi? Perché non è arrivato nei tempi al Quirinale, a dispetto delle promesse del premier Giuseppe Conte? Per il ministero del Tesoro il testo del provvedimento, atteso con ansia dai genovesi, è approdato al ministero del Tesoro del tutto privo di coperture — con i puntini di sospensione al posto delle cifre — e la Ragioneria generale dello Stato ha dovuto lavorare duro per colmare gli omissis. Ma alle sette della sera, mentre Pd e Forza Italia gridano «vergogna» e si scagliano contro i «dilettanti allo sbaraglio» gialloverdi, Palazzo Chigi contrattacca. Irato per il ritardo e determinato a respingere ogni responsabilità del governo, Giuseppe Conte va allo scontro con i tecnici del Mef, lasciando che il caso esploda.
Le notizie di «presunte carenze» di coperture finanziarie sul decreto emergenze «non corrispondono al vero», mette nero su bianco Palazzo Chigi. E rivela che i soldi per ricostruire il ponte e aiutare famiglie e imprese sarebbero all’improvviso saltati fuori. Come? Gli interventi in conto capitale sono «integralmente finanziati», quelli di parte corrente lo sono per il 2018 e, «in parte», per gli anni successivi. I soldi dunque sono stati trovati solo in parte: le spese restanti saranno coperte nella prossima legge di Bilancio, che però copre solo i provvedimenti che entreranno in vigore il 1° gennaio 2019. Le opposizioni attaccano. Per la dem Alessia Rotta la soluzione del governo «contravviene al buon senso».
Il decreto, molto atteso dai genovesi e promesso come urgente dal governo, è stato varato dal Consiglio dei ministri «salvo intese» il 13 settembre. Eppure per la presidenza del Consiglio non c’è alcun ritardo: il Mef ha concluso le «valutazioni di propria competenza» e dal ministero del Tesoro, si leggeva ieri nel comunicato, «hanno appena confermato di avere terminato le valutazioni di propria competenza e che il decreto legge sta per essere inviato al Quirinale». Macché, alle 20.30 Mattarella — che da giorni aspetta il provvedimento per la firma — non aveva ricevuto la busta.
La giornata ha visto salire la tensione tra Palazzo Chigi e via XX Settembre sul decreto, che mette Autostrade fuori dalla ricostruzione. A metà pomeriggio il sito internet de La Stampa scrive che la Ragioneria ha bloccato il decreto perché privo di coperture e il Mef a stretto giro «categoricamente» smentisce: «La Ragioneria non ha bloccato il decreto, ma lo sta sbloccando. È arrivato senza alcuna indicazione degli oneri e relative coperture». Dal ministero filtra che il testo, per quanto alleggerito da aggiunte che ne avevano fatto un decreto omnibus, è giunto in versione «molto incompleta».
C’è chi la legge come il secondo round del duello tra il governo e il ragioniere generale Daniele Franco, finito nel mirino del M5S. L’audio «rubato» del portavoce di Conte, Rocco Casalino, aveva rivelato la tentazione di una «megavendetta» contro i tecnici del Mef, accusati di non voler tirare fuori i miliardi per realizzare le promesse elettorali di Di Maio e Salvini. Due giorni fa, Franco è salito a Palazzo Chigi con il ministro Tria, il direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera e il consigliere di Stato Roberto Garofoli. Ricucitura fallita? Tra i parlamentari di maggioranza filtra il sospetto che la Ragioneria abbia frenato il decreto «per ritorsione».
A sera il Mef stempera la tensione. «L’interlocuzione tra amministrazioni ha portato risultati» e il governo sta recependo nell’articolato i suggerimenti della Ragioneria. I tecnici di Tria hanno lavorato tutta la notte e se il testo ha ottenuto la bollinatura della Ragioneria, oggi arriverà al Quirinale. Ma le tensioni con gli enti locali non sono sopite. Preoccupato e stupito per «l’ulteriore stop», il governatore Giovanni Toti si chiede «se non sia più opportuno ritirarlo per ricominciare su basi più solide». E il sindaco Marco Bucci avverte: «Se le nostre richieste non ci sono, torneremo a Roma». Sul commissario non c’è accordo. Di Maio e Conte hanno vagliato, tra gli altri, i profili di Alfonso Celotto e Rodolfo De Dominicis, ma cercano un nome che metta tutti d’accordo.
Il governatore Toti «Sarebbe più opportuno ritirare il provvedimento e ricominciare da capo»