Corriere della Sera

L’onore dell’atac

- di Massimo Gramellini

Ero sinceramen­te convinto che il pasticciac­cio brutto degli autobus di linea che a Roma prendono fuoco come carretti flambé fosse opera della famigerata banda di piromani che impazza tra la Garbatella e l’esquilino con l’appoggio dei forestali dell’aspromonte in trasferta. L’efficienza e l’affidabili­tà della municipali­zzata capitolina sono infatti note in tutto il mondo. Amazon e Apple hanno scelto di chiamarsi così per condivider­e la prima lettera del nome con Atac. E i giapponesi vengono a Roma solo per copiare gli autobus: le foto ai monumenti sono un diversivo, il loro vero obiettivo è il 30 (andato a fuoco a Prati due giorni fa).

Poi un giorno la giovane autista Micaela Quintavall­e, sindacalis­ta autonoma e grillina delusa, rilascia un’intervista alle Iene in cui testimonia che dietro gli incendi ci sono scarsa manutenzio­ne e pochi ricambi. Apriti autobus! Prima viene sospesa e poi licenziata per avere violato il codice etico e leso l’onorabilit­à dell’atac. Sul codice etico, niente da dire. Si sa che a violarlo, in Italia, non è mai chi fa le schifezze, ma chi le denuncia. È sull’onorabilit­à che vorrei tranquilli­zzare un po’ tutti. Un’azienda di trasporti specializz­ata nel produrre più debiti che chilometri e più ritardi che posti a sedere decenti, a cui la politica attinge da sempre per spillare prebende e piazzare congiunti, gode di un tale livello di onorabilit­à che nessuna intervista, per quanti sforzi faccia, sarà mai in grado di peggiorarl­o.

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