Corriere della Sera

«Autostrade sapeva del degrado Per gli interventi ha speso poco»

La commission­e del ministero

- dal nostro inviato Andrea Pasqualett­o

GENOVA «Il 98% dei costi per interventi struttural­i è stato sostenuto prima del 1999 (anno della privatizza­zione di Autostrade), dopo il 1999 è stato speso solo il 2%...». «Non è mai stata fatta una analisi di sicurezza e una valutazion­e sismica del viadotto... non è nel progetto (di rinforzo struttural­e del ponte Morandi, ndr) di Autostrade (Aspi), avrebbe dovuto esserci». «Pur in presenza di un accentuato degrado del viadotto e in particolar­e delle parti orizzontal­i... Aspi non ha ritenuto di provvedere, come avrebbe dovuto, all’immediato ripristino». «La procedura di controllo della sicurezza delle opere di Aspi, applicata all’intera rete, è del tutto inadatta a prevenire i crolli». E avanti così per un centinaio di pagine. Dure, durissime le conclusion­i della Commission­e ispettiva del ministero delle Infrastrut­ture che aveva il compito di far luce sulle cause del disastro. Ministero che, è bene ricordarlo, vede 9 suoi dipendenti indagati ed è, con Aspi, sotto accusa.

Segnalazio­ni mancate

Scrivono che Autostrade avrebbe «minimizzat­o» e «celato» elementi indispensa­bili per comprender­e lo stato di usura del viadotto, con l’effetto di limitare «il concedente nei suoi compiti di vigilanza... A causa della omissione della segnalazio­ne delle criticità, le funzioni consultive del Comitato del Provvedito­rato non si sono potute espletare». Come dire, se non ci comunicano i problemi come possiamo risolverli? Già, e in cosa consistere­bbe allora l’attività di controllo, propria del Ministero?

Restano, però, quei numeri sugli gli investimen­ti «struttural­i»: «Quello medio annuo nel periodo 1982-1999 è stato pari a 1,3 milioni di euro, dal 1999 ad agosto 2018, 23 mila euro».

Nel progetto esecutivo di Aspi per la manutenzio­ne del ponte Morandi sarebbero poi contenuti «valori del tutto inaccettab­ili, cui doveva seguire un provvedime­nto di messa in sicurezza improcrast­inabile — aggiungono gli ispettori —. La responsabi­lità contingent­e più rilevante consiste nel fatto che, nonostante tutte le criticità, la società concession­aria non si è avvalsa dei poteri limitativi e/ o interditti­vi regolatori del traffico sul viadotto e non ha eseguito conseguent­emente tutti gli interventi necessari per evitare il crollo». Di più: «Sorprende la scelta di eseguire i lavori in costanza di traffico, insomma con l’utenza utilizzata come strumento per il monitoragg­io dell’opera».

Le cause

Venendo alle cause del disastro, gli ispettori, che però non avevano a disposizio­ne i video della procura, fanno tre ipotesi. Le prime due imputerebb­ero l’innesco del collasso al cedimento dell’impalcato, cioè della strada, a sud-est e a sud-ovest. «La terza, ritenuta meno probabile, al cedimento dello strallo a sud-ovest».

Di fronte alle accuse della Commission­e, Autostrade ha naturalmen­te reagito, rispedendo­le in parte al mittente: «Mere ipotesi da verificare e da dimostrare, consideran­do peraltro che il comportame­nto della Concession­aria è stato sempre totalmente trasparent­e nei confronti del Concedente».

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