Una storia milanese
La maison fondata da Gimmo e portata avanti dai quattro figli compie 50 anni. Ora in mostra al Mudec
Accomunati da un’unica fantasia, quella Paisley di origine indiana e dna di famiglia; ma così differenti, a volte agli antipodi, per personalità. Sono i quattro fratelli Etro: Jacopo, Kean, Ippolito e Veronica. Nati nel corso di quel mezzo secolo di storia creativa della maison di famiglia festeggiato quest’anno. 50 anni di attività, ma anche tessera fondamentale di quel grande mosaico che è il saper far bene italiano capace di conquistare il mondo. E i mercati. Un periodo: «pazzesco», «lunghissimo»; ma anche dal «colore eterno» e «pieno d’energia». Le quattro definizioni scelte dagli Etro’s brothers per riassumere la storia di famiglia poco prima della sfilata donna all’ultima fashion week milanese. Al termine escono abbracciati Veronica e babbo Gimmo. Lei, attuale direttore creativo delle linee femminili (i fratelli Kean, Jacopo ● Gimmo (da Gerolamo) Etro (nella foto con la figlia Veronica), nel 1968 fonda a Milano l’azienda. Da allora la sede è in via Spartaco nel quartiere di Porta Romana; nel 1985 lancia la home collection e Ippolito seguono rispettivamente: l’uomo; gli accessori e la comunicazione; il settore finanziario); lui, Gimmo, l’ideatore nel 1968 del marchio (al suo fianco sempre la moglie Roberta) e della prima collezione donna (estate 1997) sfilata nel settembre 1996. In realtà non tanto un passaggio di testimone - già avvenuto - ma la rappresentazione di un albero genealogico carico di energia e fantasia.
Come quello fatto di tessuti e dalle radici tentacolari, cardine di Generation Paisley, la mostra celebrativa del cinquantesimo di famiglia allestita al Mudec, il Museo delle culture di Milano (fino al 14 ottobre; ingresso libero; mudec.it). Perché, va ben ricordato, in un momento in cui le proprietà delle griffe italiane parlano altri idiomi d’oltreoceano, quella degli Etro resta ancora una storia creativa tutta di famiglia e tutta italiana. «Iniziata realizzando i tessuti per le collezione di Ungaro, Walter Albini e Lancetti», ricorda Jacopo Etro mentre attraversiamo le cinque stanze, una per decennio, dell’esposizione; come sono 50 i capi esposti e scelti nell’archivio della griffe. Il 1984 l’anno in cui il disegno Paisley (il germoglio della palma da datteri, ovvero l’albero della vita) diventa il tratto distintivo del marchio trasformando borse, valigie e accessori in una dichiarazione di stile. «Riassumibile in 5 parole chiave: arte, viaggio, natura, divertimento e colore», sottolinea a sua volta Ippolito Etro. Sua una serie di cappelli giapponesi che, assieme a edizioni rare di libri di avventura come quelli di Una delle sale della mostra , progetto multimediale, mix tra video e capi: tra questi, sopra, l’abito nero creato da Kean Etro e Alessandro Mendini Verne, e gli arti in marmo provenienti dalle collezioni del fratello Jacopo; le sculture e soprammobili rinascimentali o contemporanei appartenenti agli altri componenti della famiglia, danno vita alla wunderkammer con i loro oggetti del cuore. Assieme alla quadreria, dove sono incorniciate le immagini delle campagne (tra cui quella che fece scalpore con l’ultima cena in cui gli Apostoli erano animali in estinzione), rappresentano il dna del marchio. Dove confluiscono la colta tradizione dei collezionisti d’arte; la conoscenza cosmopolita del mondo, legata a viaggi e frequentazioni esclusive. Ma anche la necessità del gioco come base imprescindibile del creare. Tutto questo in 50 anni ha permesso agli Etro di dar vita a un loro alfabeto di stile: o meglio un vero «Alfabetro».