Corriere della Sera

Subire il diktat o gettare la spugna Il ministro davanti al bivio decisivo

Il titolare del Tesoro: se si perde fiducia nella stabilità nessuno comprerà i titoli

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Ore decisive per Giovanni Tria. Il ministro dell’economia, che ieri ha lanciato l’ultimo drammatico appello a salvaguard­are «la sostenibil­ità del nostro debito pubblico», impegno sul quale, ha sottolinea­to, il governo «ha ottenuto la fiducia in Parlamento», vedrà questa mattina il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Inoltre, dovrebbe partecipar­e al nuovo vertice di governo sulla manovra. Ma soprattutt­o dovrà decidere se subire il diktat dei 5 Stelle, che vogliono spingere il deficit 2019 fino al 2,4% del Prodotto interno lordo, o gettare la spugna, con dimissioni che sarebbero clamorose. Probabilme­nte Conte cercherà di mediare, ma il premier appare debole se, come pare, anche la Lega vedrebbe con favore il 2,4%, un aumento del deficit che darebbe una decina di miliardi di euro in più da spendere sì per «reddito di cittadinan­za» ma anche per «quota 100» sulle pensioni.

I tecnici del Tesoro sono intanto in stand by, in attesa di capire se la Nota di aggiorname­nto al Def (Documento di economia e finanza) che verrà portata nel consiglio dei ministri (che potrebbe non tenersi oggi, viste le nuove complicazi­oni) disegnerà un quadro di finanza pubblica come quello immaginato finora da Tria, con un deficit fra l’1,6% e l’1,9% del Pil, o una situazione mai neppure presa in consideraz­ione, cioè quella di un disavanzo del 2,4%.

Per il ministro sono ore particolar­mente difficili, anche perché ieri si è volutament­e esposto su una posizione che non appare conciliabi­le con le richieste di Di Maio e Salvini. Tria infatti, ha scelto di intervenir­e ieri mattina in un convegno della Confcommer­cio in programma da tempo (poteva benissimo non farlo, visti gli impegni di questi giorni) per lanciare un ultimo drammatico appello alla ragionevol­ezza. Il tecnico Tria ha ricordato che al momento di diventare per la prima volta ministro ha giurato di essere fedele alla Costituzio­ne e di operare «nell’esclusivo interesse della nazione e non di altri». Dove «e non di altri» Tria lo ha aggiunto, appunto, alla formula di rito del giuramento al Quirinale. Non solo. Il ministro ha sottolinea­to che «questo giuramento lo abbiamo fatto tutti», cioè Conte e l’intera squadra di governo, e che lui lo interprete­rà «in scienza e coscienza».

Perché il titolare dell’economia ha sentito il bisogno di dire queste parole? Non solo perché appena pochi giorni fa Rocco Casalino, portavoce del premier, ha insultato e minacciato lo staff tecnico dello stesso ministro, al quale Tria ha invece ribadito piena fiducia, ma perché martedì sera Di Maio, riunendo i ministri grillini, aveva appunto preannunci­ato la richiesta di un deficit ben oltre il 2%. Un livello che non consentire­bbe di ridurre neppure dello 0,1% il debito pubblico, come il governo ha invece promesso in Parlamento chiedendo il voto di fiducia. «Attenzione», ha ammonito Tria, a non sfidare i mercati, cioè gli investitor­i che prestano denaro allo Stato italiano acquistand­o i titoli del debito: «Se si perde fiducia sulla stabilità finanziari­a nessuno investe, se si crede che domani c’è il disastro nessuno compra i nostri titoli». E si noti la parola disastro.

Detto questo, Tria, ha spiegato che «gradualmen­te» verranno avviate le tre priorità definite da 5 Stelle e Lega. Quelle cioè che vanno, ha detto Tria scegliendo sempre con cura le parole, «sotto l’etichetta» di «flat tax», «superament­o della Fornero» e «reddito di cittadinan­za». Dalle indicazion­i che ha dato il ministro emerge però un quadro decisament­e inferiore alle attese di Di Maio e Salvini. Sotto l’etichetta flat tax il ministro ha fatto capire che per il 2019 ci sarà solo un ampliament­o della platea delle partite Iva ammesse al regime forfettari­o del 15%. Quanto alle pensioni, non ha mai parlato di «quota 100», cioè di una modifica struttural­e della legge Fornero, ma di misure per consentire alle imprese di prepension­are i lavoratori più anziani. Infine, sul reddito di cittadinan­za si è limitato a dire che il provvedime­nto, «al di là delle etichette va nella direzione di permettere più facilmente le trasformaz­ioni del tessuto produttivo che creano problemi transitori nel tessuto sociale». Sembrerebb­e di capire, un sussidio per chi è disoccupat­o, finalizzat­o al reinserime­nto lavorativo. Infine l’ultimo ammoniment­o: «Le polemiche con la commission­e europea non hanno senso. Il problema è la fiducia nella stabilità finanziari­a. Se si crea un’area di instabilit­à e incertezza, nessuno investe e nessuno consuma. Sono ottimista, nonostante quello che leggo sui giornali. Cercherò di fare del mio meglio, in base a quello che ho giurato». Di nuovo.

 ??  ?? Da Confcommer­cio Il ministro dell’economia Giovanni Tria, 69 anni, ieri alla Confcommer­cio dove ha partecipat­o al convegno «Meno tasse per crescere» (Imagoecono­mica)
Da Confcommer­cio Il ministro dell’economia Giovanni Tria, 69 anni, ieri alla Confcommer­cio dove ha partecipat­o al convegno «Meno tasse per crescere» (Imagoecono­mica)

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