Corriere della Sera

Il pressing sul bilancio che porta 10 miliardi di deficit aggiuntivo

Preoccupaz­ioni del Tesoro per la reazione dei mercati

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ROMA Dieci miliardi di deficit pubblico in più. Tanto vale, in termini pratici, l’innalzamen­to del deficit programmat­ico del 2019 fino al 2,4% rispetto al prodotto interno lordo chiesto dal Movimento 5 Stelle. Un livello che renderebbe sicurament­e più semplice la manovra di bilancio del prossimo anno, con flat tax, riforma della Fornero e reddito di cittadinan­za, ma che il ministro dell’economia, Giovanni Tria, difficilme­nte potrebbe accettare.

Finora il Tesoro ha tenuto la diga sull’1,6% di deficit, un valore che consentire­bbe al debito di continuare la sua discesa in rapporto al pil e di ridurre un po’ anche il deficit “struttural­e”, quello di fondo, depurato dall’impatto della congiuntur­a. Fino a ieri c’erano gli spazi per un compromess­o intorno all’1,8-1,9%, un valore ancora compatibil­e con gli obiettivi di Tria, ma la nuova forzatura dei grillini rimette tutto in discussion­e.

Il numeretto fatidico uscirà solo dalla riunione del Consiglio dei ministri, che potrebbe slittare a venerdì e si annuncia piuttosto accesa. Non c’è solo un problema di debito che aumenta, con il deficit oltre il 2% come vuole Di Maio. A preoccupar­e il Tesoro, a prescinder­e dai numeretti, è la reazione dei mercati di fronte a un possibile, e a questo punto assai probabile, rilassamen­to della politica di bilancio.

Ed è in questa ottica che vanno lette le perplessit­à sempre più marcate di Tria e dei suoi collaborat­ori sulla controrifo­rma delle pensioni.

Il rischio che una misura del genere, che avrebbe un impatto molto importante sul profilo della spesa pubblica nel medio e lungo termine, sia bocciata dalle agenzie di rating, e dai mercati, è concreto. La riforma Fornero del resto è stata concepita e interpreta­ta come la blindatura del bilancio pubblico, e la controrifo­rma fa sicurament­e venire meno risparmi molto consistent­i, al di là di qualsiasi consideraz­ione politica. E la cosa preoccupa i mercati, tornati ieri non a caso ad essere nervosi. Senza contare che un obiettivo di disavanzo al 2,4% porterebbe la Commission­e Ue, probabilme­nte senza il minimo indugio, ad aprire una procedura di infrazione. Non che sia un dramma in sé, ma la politica economica di fatto sarebbe commissari­ata.

Dal quel numeretto del deficit dipenderà anche la composizio­ne della manovra economica del 2019. L’obiettivo della Lega e del Movimento 5 Stelle è l’avvio del Reddito di cittadinan­za, la riforma della Fornero, l’introduzio­ne della flat tax e la pace fiscale. Con il deficit al 2,4% il governo potrebbe contare su una ventina di miliardi di euro da spendere, dieci in più rispetto a quelli immaginati finora, col deficit sotto il 2%.

Con questi soldi, e quelli che si troveranno con i tagli della spesa pubblica e la riduzione delle detrazioni fiscali (in ballo ci sono anche quelle sull’irpef), bisognerà prima di tutto evitare gli aumenti dell’iva (12,5 miliardi), poi finanziare il contratto di governo. Reddito di cittadinan­za e riforma della Fornero ne assorbono, da soli, almeno 14. Poi c’è la flat tax, altri 4-5 miliardi, in parte coperti dal riordino degli incentivi alle imprese. Ma la lista della spesa è ancora lunga, dalle spese indifferib­ili, come le missioni di pace all’estero, a quelle per i rinnovi del contratto nel pubblico impiego, che oggi non sono previsti nel bilancio. i

Domani Previsto per oggi, potrebbe riunirsi domani. Il nodo pensioni e reddito

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