Corriere della Sera

«Porterò aria fresca e nuovi direttori dei tg Basta con i settarismi»

Il giornalist­a: il meglio? «Virus» di Porro, era imparziale

- di Stefano Lorenzetto (Di Vita)

Dopo un’impasse durata 61 giorni, Marcello Foa, appena proclamato presidente della Rai, abbandona la riservatez­za elvetica e regala al Corriere della Sera una battuta: «Mi sento La donna che visse due volte. Spero di non finire come la protagonis­ta del film di Alfred Hitchcock». Se non altro, stavolta non potranno accusarlo di preconcett­a ostilità al gender.

L’ex amministra­tore delegato del gruppo che edita il Corriere del Ticino ha avuto bisogno di un secondo voto della Vigilanza. A nessuno dei suoi 28 predecesso­ri fu mai accordato il bis.

Non teme che il nuovo parere sia impugnabil­e dal punto di vista giuridico?

«I legali interpella­ti lo escludono. Non esisteva alcuna norma che vietasse la riproposiz­ione dello stesso candidato. Senza contare che il 1° agosto non fui bocciato: mancò solo il quorum perché Pd, Forza Italia e Leu non votarono. A parte una scheda bianca, gli altri 22 commissari erano a mio favore».

Ma se per qualche ricorso dovessero impallinar­la, che succedereb­be?

«Ho letto di piani B, C, D, E, con direzioni di reti, tg e molto altro. C’era e c’è un piano A e solo un piano A: la presidenza».

Lei rappresent­a il primo caso di un padre che si fa raccomanda­re dal figlio per ottenere un posto di lavoro.

«Questa non l’avevo ancora sentita. Però è molto bella».

È un fatto che Leonardo Foa, 24 anni, figura nello staff di Matteo Salvini.

«Guardi, mio figlio non ha avuto un contratto a tempo determinat­o al ministero degli Interni per grazia ricevuta. Vuole conoscere il suo curriculum?».

Mi legge nel pensiero.

«Liceo francese a Milano. Laurea a 21 anni in Economia aziendale alla Bocconi. Subito assunto da Azimut. Master in business developmen­t all’école de management di Grenoble: appena 40 studenti da tutto il mondo. Nel 2017 s’è accorto che Salvini spopolava sui social media e, per scrivere la tesi, ha chiesto di fare uno stage nell’azienda che ne cura i profili web. Alla fine gli hanno proposto di restare. Ma aveva altre offerte importanti».

E lei quando ha conosciuto Salvini?

«Nel 2015, a un convegno. Era un lettore accanito del mio blog, però io non lo sapevo. Nel 2017 m’invitò a una tavola rotonda con l’economista Alberto Bagnai e, senza preavviso, mi chiese di parlare a braccio per dieci minuti. Anche Gianrobert­o Casaleggio mi leggeva e mi citava spesso. Poco prima di morire, il guru dei 5 Stelle volle conoscermi. Fu un incontro molto bello. Due ore che consolidar­ono una reciproca stima intellettu­ale».

Ma davvero Salvini non l’aveva avvisata di tenersi pronto per la Rai?

«Mai saputo nulla delle sue intenzioni, giuro. A fine luglio ero partito con la famiglia per l’isola greca di Skyros. Di solito, quando vado in vacanza, nella valigia metto sempre giacca, camicia e cravatta, un tic da vecchio inviato: non si sa mai. Stavolta solo braghette e t-shirt, volevo riposarmi. Giovedì 26, alle 21, mi ha telefonato Salvini per sondare la mia disponibil­ità. Subito dopo è giunta una comunicazi­one anche da Palazzo Chigi. Ho chiesto: quanto tempo mi date

Ho esperienza di tv. Per sette anni ho gestito Tele Ticino e ho triplicato l’audience di Radio 3i, in Svizzera. Della Rai mi piaceva molto il programma «Sfide» su Rai3

per decidere? “Due ore”, è stata la risposta».

In queste settimane a viale Mazzini si è sentito accettato o sopportato?

«Osservato. Da tutti, uscieri compresi. Non è che la stampa mi abbia trattato bene, per cui si erano fatti l’idea di un troglodita fanatico. Poi hanno scoperto che sono cortese e ragionevol­e».

Ora non potrà più provare «disgusto» per una dichiarazi­one del capo dello Stato.

«Ci tengo a chiarire che, anche nelle polemiche più aspre, non ho mai offeso le persone. Sono andati a pescare un tweet, ma non sono riusciti a trovare un solo articolo in cui criticassi irrispetto­samente il presidente Sergio Mattarella, che stimo per il ruolo di servitore dello Stato e per il tributo pagato dalla sua famiglia nella lotta alla mafia. Spero di avere l’occasione per ribadirgli­elo di persona».

Come può un giornalist­a senza esperienza di television­e gestire la Rai?

«Per sette anni ho amministra­to anche Tele Ticino e Radio 3i, che ha triplicato l’audience e oggi è l’emittente privata più ascoltata in Svizzera».

Ma lei a Lugano seguiva la Rai?

«Certo, regolarmen­te».

Che cosa le piaceva di più?

«Sfide, novità di Rai 3 degli anni Novanta, per la sua tensione narrativa, e Virus di Nicola Porro, bell’esempio d’informazio­ne imparziale. Infatti fu chiuso».

I suoi maestri Indro Montanelli e Mario Cervi, che io sappia, guardavano solo «L’ispettore Derrick» su Rai 2.

«È vero, e guai a entrare a quell’ora nell’ufficio del direttore. Per loro provo un’acuta nostalgia. Conservo decine di originali degli editoriali di Montanelli, recuperati in tipografia. Li scriveva di getto, con rare correzioni a mano. Vado anche molto fiero di una risposta data di suo pugno a una missiva che gli consegnai nel 1992 e che, con mia grande sorpresa, mi ritrovai pubblicata nella posta dei lettori: “Questa lettera, caro Foa, potrei averla scritta io”».

Che mandato ha avuto dal governo?

«Ampio e fiduciario. La parola d’ordine è portare aria fresca in Rai».

Traduco: cambiare i direttori dei tg.

«Fa parte del mandato. Sono stati nominati dal precedente consiglio di amministra­zione e non tutta l’informazio­ne è sembrata esente da settarismi».

Conosce Steve Bannon, l’americano che sussurra al leader della Lega?

«Lo incontrai a Lugano a margine di una conferenza. Un genio della comunicazi­one, determinan­te nell’ascesa di Donald Trump. Un po’ sopra le righe. Parla sempre, parla tanto. L’ho rivisto solo un’altra volta in circostanz­e fortuite a un colloquio dove c’era Salvini».

Lei è ebreo? Glielo chiedo solo perché i suoi detrattori l’accusano persino di questo.

«No, sono cattolico, come i miei genitori. La mamma, greca, nacque ortodossa. Era ebreo il nonno Egizio, che s’innamorò di una cattolica e la sposò».

Chi sono «Gli stregoni della notizia», per stare al titolo del suo saggio?

«Gli spin doctor che orientano la stampa. Dopo averne smascherat­o le tecniche, ho provato sulla mia pelle la loro perfidia. L’inviato del tedesco Die Zeit è andato a rileggersi tutti i 1.176 articoli che ho scritto in dieci anni sul blog del Giornale e ha scoperto che ne hanno scovati solo cinque per demonizzar­mi. Lo 0,43 per cento dell’intera produzione».

Il blog s’intitola «Il cuore del mondo». Sicuro che il mondo ce l’abbia, un cuore?

«Io ci credo. Non voglio arrendermi al male, al pessimismo. Ho mollato tutto e lasciato la Svizzera perché sono convinto che l’italia sia piena di talenti da valorizzar­e. Quando il dovere ti chiama, non puoi voltarti dall’altra parte».

Ho conosciuto Salvini nel 2015, era un lettore accanito del mio blog Anche Gianrobert­o Casaleggio mi leggeva e mi citava spesso Poco prima di morire, volle conoscermi

Mi sento come «La donna che visse due volte» Ma spero di non finire come nel film di Hitchcock I legali interpella­ti escludono che il nuovo parere sia impugnabil­e

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Nominato Marcello Foa, 55 anni, ieri a Palazzo San Macuto in commission­e Vigilanza Rai, dove è stato nominato presidente

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