Zanza, l’ultimo playboy Addio all’icona delle notti riminesi
Aveva 63 anni, di lui si occupò anche la «Bild»
Morto in gloria, lo Zanza. Nella sua Rimini, a fine stagione. Maurizio Zanfanti diceva di avere il cuore tenero e se lo massaggiava infilandosi la mano sotto la spallina della salopette in pelle. Ma intendeva che ogni donna poteva aprirvi un varco, non immaginava un infarto. Quel suo cuore «accogliente» ha ceduto in battaglia, come succede ai Sioux a cui si ispirava, a notte fonda, mentre era appartato in auto con una ragazza di 23 anni, lui 63 non ancora compiuti. Quando sono arrivati i medici non c’era più nulla da fare.
A Rimini è calato il silenzio. E anche a Cervinia, dove faceva gli straordinari invernali avvolto in una pelliccia di peluche leopardata sopra alla stessa mise delle calde notti riminesi: camperos, pantaloni in pelle strizzati sui genitali, camicia nera sbottonata fino all’ombelico e oro a profusione. Nessun cinepanettone lo potrà mai superare.
Per vent’anni illuminò le notti romagnole. Record storico nell’anno del Signore 1985: da maggio a settembre, 287 conquiste, in maggioranza bionde, una spanna più alte di lui (dichiarava 1,71, ma con i tacchi), eloquio ugrofinnico, che fingeva di non comprendere per spiare i commenti tra amiche. Il suo successo con le donne era un indice attendibile per misurare l’andamento della stagione economica riminese. Anche il 1986 andò bene, poi le agenzie di viaggio cominciarono a dirottare le nordiche in Spagna, Grecia e Tunisia, incolpando Rimini di avere troppe pensioncine e pochi appartamenti con piscina. Le mucillagini fecero il resto. L’unico locale a non patire era il Blow Up, dove lo Zanza faceva il buttadentro («pablic relession, plis») da quando aveva 17 anni. L’azienda autonoma lo chiamò: «Mi raccomando, dacci una mano a tenere su il buon nome di Rimini all’estero». Maurizio Zanfanti, con un paio dei suoi, andò in tour La vicenda
● Maurizio Zanfanti aveva 63 anni: conosciuto con il soprannome di Zanza, è stato un celebre playboy delle notti riminesi tra gli anni Settanta e Ottanta
● Raccontava di avere una media di 150 flirt a stagione e aveva fatto della discoteca Blow Up un punto di ritrovo non solo per le turiste in cerca di avventure amorose, ma anche di tantissimi ragazzi che volevano emulare le sue gesta in Svezia: «Se la patria chiama, si rinuncia a star tranquilli anche il giorno dei morti». Lì si accorse di essere una star. Non lo prendeva per i fondelli quel tale di Bologna quando disse di aver visto sul comodino di una signora di Stoccolma la foto dello Zanza. Registrò persino un disco, in Svezia, scimmiottando Jon Bon Jovi: la voce non era la sua, ma la faccia sulla custodia del 45 giri sì. I giornali di Maurizio Zanfanti, detto Zanza, è morto a Rimini per un malore all’età di 63 anni. Per le sue doti di corteggiatore di turiste straniere è diventato celebre anche all’estero gossip lo raccontavano come la grande attrazione di Rimini, insieme al Grand Hotel e a Fellini. La Bild tedesca gli dedicò un servizio di due pagine. Sedusse una giornalista che lo stava intervistando, e lei lo raccontò nel suo articolo.
Non era figlio d’arte, Maurizio. Suo padre, pescivendolo, era stato fedele per tutta la vita a sua madre, sposata a 17 perché in dolce attesa del futuro Zanza. Ma a 13 anni aveva già capito che la pescheria paterna poteva attendere: prima avrebbe tentato la carriera di Casanova della Riviera. A 17 anni aveva sbaragliato la concorrenza. Il suo fascino, dicevano le fan, a dispetto di ciò che lui potesse credere, era la dolcezza. Non aveva nulla del maledetto, nonostante l’abbigliamento, diciamo, poco discreto: era astemio, non fumava, mai fatto uso di droghe e nemmeno eccedeva nel cibo. Il primo dei suoi comandamenti era: mai andare oltre la dolcezza, se non capisci che l’interesse è condiviso.
Un giorno gli chiesero qual era la cosa più bella che si era sentito dire, immaginando fosse il complimento di una donna. Lui rispose: «Il grazie di un tale quando ha capito che per me l’amicizia conta più di una s...».