Usa, la Fed alza i tassi al 2-2,25%. E attacca i dazi di Trump
NEW YORK L’economia cresce e la Federal Reserve accompagna il movimento con il terzo rialzo dei tassi di interesse dall’inizio dell’anno. Un quarto di punto percentuale in più: il costo del denaro sale ora dall’1,75-2% alla fascia tra il 2 e il 2,25%. Il comunicato finale prefigura il percorso: «Nei mesi a venire sono possibili altri interventi graduali». La prossima stretta, sempre dello 0,25%, sarebbe in programma entro la fine del 2018. Il presidente della Fed, Jerome Powell, parlando in conferenza stampa, ha analizzato i dati principali. Il Prodotto interno lordo crescerà più del previsto. La Fed ha rivisto le stime sulla dinamica del Pil: per il 2018 salgono dal 2,8% al 3,1% e per il 2019 dal 2,4 al 2,5%. L’inflazione ha raggiunto la sogliaobiettivo del 2-2,1%; il tasso di disoccupazione è al 3,7%. «Sono tutti segnali positivi — ha commentato Powell — ma ciò non significa che sia tutto perfetto. Non tutti i cittadini stanno beneficiando della crescita». Il cambio di passo, comunque, si coglie anche nel linguaggio della Fed. Per la prima volta dopo anni, è stato fatto notare, sparisce l’aggettivo «accomodante» dalle comunicazioni ufficiali. L’economia ora è in grado di assorbire tassi un po’ più alti e quindi di remunerare gli investitori. Powell, però, sta molto attento a non sconfinare: nessun commento sulla politica economica di Trump, nessuna risposta alle critiche avanzate dal presidente quando la Fed ha deciso di rimettere mano alla leva dei tassi. «Non prendiamo in considerazione fattori politici», dice Powell. Con una sola eccezione: i dazi. «Non vediamo un impatto immediato della politica commerciale sull’economia; ma nel lungo termine possono avere effetti negativi per gli Stati Uniti».