La Consulta boccia il Jobs act sull’indennità di licenziamento
«Incostituzionale legarla all’anzianità». Di Maio: parte lo smantellamento
Cambia l’indennità di risarcimento sui licenziamenti illegittimi per motivi disciplinari ed economici nelle aziende con più di 15 dipendenti. Il giudice non dovrà più stabilirla in base agli anni di servizio, come dice la legge, ma, fermi restando i limiti minimi e massimi dell’indennità (636 mesi di stipendio), deciderà il risarcimento al lavoratore valutando la gravità del singolo caso. Per esempio, un dipendente licenziato in modo pretestuoso e che abbia carichi familiari gravosi (figli disabili, genitori anziani, ecc.) potrebbe vedersi riconosciuto un indennizzo pari a 36 mesi di stipendio anche se assunto da poco, contro i 6 mesi cui avrebbe diritto secondo le norme finora vigenti. Norme introdotte con il Jobs act dal governo Renzi, con una forchetta di indennizzo tra 4 e 24 mesi di stipendio, e recentemente modificate col «decreto dignità» del vicepremier Di Maio, che ha allargato appunto la forchetta a 6-36 mesi. Il cambiamento delle modalità di definizione dell’indennizzo è conseguente alla sentenza della Corte costituzionale che sarà depositata nelle prossime settimane ma di cui ieri è stato anticipato con un comunicato il dispositivo.
La Corte costituzionale, si legge nella nota, ha dichiarato illegittimo il meccanismo «che determina in modo rigido l’indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato. In particolare, la previsione di un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è, secondo la Corte, contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione». Il caso nasce dal licenziamento, nel dicembre 2015, di una lavoratrice che si era rivolta alla Cgil. Su richiesta dei suoi avvocati, Amos Andreoni e Carlo De Marchis, il tribunale aveva rinviato la questione alla Consulta, che ha appunto dichiarato incostituzionale il criterio rigido dell’anzianità di servizio, restituendo al giudice autonomia nella determinazione dell’indennizzo, sia pure entro la forchetta 636 mesi.
«Una decisione importante per la dignità dei lavoratori», dice la leader della Cgil, Susanna Camusso, per la quale ora «si deve ripristinare l’articolo 18 dello Statuto» che prevedeva il diritto al reintegro nel posto di lavoro nel caso dei licenziamenti illegittimi. Possibilità alla quale sembra alludere anche Di Maio: «Sistemeremo le assurde storture causate dal Jobs act che ha tolto ai lavoratori un sacco di diritti e torneremo all’epoca precedente».