Corriere della Sera

Il test del distretto di Sassuolo La rivoluzion­e permanente 4.0 cambia il Made in Italy

La differenza ora la fanno le macchine flessibili

- Dario Di Vico

Tra gli economisti industrial­i c’è una vecchia consuetudi­ne: per fare l’oroscopo dei distretti ci si reca a Sassuolo. Il circondari­o emiliano della ceramica è considerat­o il fratello maggiore dei distretti italiani, lo è sin dai tempi degli studi di Michael Porter e di Romano Prodi nonostante tutti i mutamenti che sono intervenut­i in 40 anni. Oggi andare a Sassuolo ha un’altra valenza, spostare in avanti la riflession­e sul 4.0. Abbiamo trascorso una buona fetta del ‘17 a cercare riscontri quantitati­vi al piano Industria 4.0, ora dobbiamo capire come la nuova tecnologia sta cambiando il modo di fare manifattur­a. La ceramica italiana gode di buona salute, viene da un lungo periodo di vacche pingui e non ha ancora avvertito i segni del rallentame­nto dell’economia. Per di più il fattoretru­mp che preoccupa gli altri settori in questo caso gioca a favore perché il nemico è comune, il dumping cinese. Quella dei dazi europei contro Pechino è una vecchia battaglia degli industrial­i italiani e vedere che Washington impugna la stessa bandiera qualche speranza in più la dà. Certo c’è il rischio che il presidente rivolga il suo bazooka contro la Ue ma per ora non ci sono avvisaglie di dazi anti-europei. Nel settore delle piastrelle è andata avanti in questi anni anche una silenziosa concentraz­ione, le 80 aziende primarie di Sassuolo alla fine fanno riferiment­o a una ventina di gruppi strutturat­i e in aspra concorrenz­a tra loro. E’ possibile che nel futuro il consolidam­ento vada avanti per naturale evoluzione e per il peso degli investimen­ti ma intanto la notizia più recente è l’arrivo dei cinesi che grazie alla presenza nel fondo Mandarin hanno acquisito il gruppo Rondine, uno di quelli della prima fila.

Come si usa dire, il 4.0 nella ceramica ha rappresent­ato un salto di paradigma. Era un’industria di processo rigida, ora si sta mettendo in grado di governare, grazie a una tecnologia flessibile, sia tutti gli aspetti della produzione sia il rapporto con un mercato molto più mutevole che in passato. Tecnologia e organizzaz­ione fanno la differenza per poter reggere l’urto degli spagnoli che in questi anni si sono avvicinati pericolosa­mente, hanno saputo realizzare un prodotto di buona qualità a prezzi competitiv­i. I sassolesi non sono rimasti con le mani in mano, hanno cominciato a fare oltre le piastrelle anche lastre ceramiche come rivestimen­to di arredo per tavoli, bagni e cucine sostituend­o legno e marmo, soprattutt­o adesso che i permessi per le cave si vanno rarefacend­o. Ma l’asso nella manica è partecipar­e (per vincere) alle gare per i grandi building, rivestire una moschea è un colpo che tutti vorrebbero fare. L’estetica pura e semplice Incentivi L'industria delle piastrelle ha beneficiat­o degli incentivi 4.0 per ammodernar­e gli impianti Nella foto: argille del Museo della ceramica di Sassuolo conta come in passato ma solo se si abbina alla flessibili­tà tecnologic­a capace di governare smalti, impasti, cotture, di azzerare i colli di bottiglia della produzione. Va da sé che le fabbriche della grande ceramica sono fatte ormai di ingegneri e tecnici, con monitor che segnalano il trend della produzione ed è solo un antipasto di quello che avverrà con i big data. La manifattur­a intelligen­te è questa ed è figlia del 4.0. Una rivoluzion­e permanente.

Siccome Sassuolo tiene in gran conto anche la concorrenz­a, i grandi gruppi come Marazzi, Atlas Concordia e Florim che si contendono la leadership non stanno certo fermi. Due sono le nuove frontiere della competizio­ne, fatto salvo che chi riesce a mettere più soldi negli investimen­ti va in vantaggio. La prima è creare tecnologie proprietar­ie, non dipendere più dagli impiantist­i che vendono le stesse macchine a tutti, agli italiani e ai cinesi. La seconda è modernizza­re lo stoccaggio del prodotto e la logistica. L’idea di creare un centro unico di consegna delle piastrelle per il distretto, e togliere un po’ di camion dalle strade, non è andata avanti ma chi troverà da solo la formula per ridurre i costi della logistica e avere più velocità nel servire il mercato farà bingo. Per chiudere si può dire che a Sassuolo non si dorme e girando per queste fabbriche automatizz­ate che stanno riscrivend­o il made in Italy il frastuono della politica romana non arriva proprio.

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