«Negozi chiusi la domenica: 150 mila posti a rischio»
Confimprese: gli stranieri stanno bloccando gli investimenti
Quaranta domeniche su 52 con le saracinesche abbassate, come prevede il disegno di legge a Cinque Stelle depositato dall’onorevole Davide Crippa. Oppure 44 come auspica quello della Lega, firmato da Barbara Saltamartini. È questo l’incubo a occhi aperti per il mondo del commercio organizzato, dai supermercati alle catene del franchising. E a ridurre le preoccupazioni non basta il fatto che siano esclusi i negozi nei centri storici o nelle aree turistiche.
In commissione Attività produttive della Camera procedono le audizioni. Ieri è stata la volta di Confimprese, associazione delle grandi catene, da Bata a Burger King, da Lovable a Tally Weil. Lo scenario dipinto dal presidente Mario Resca è il seguente: «Molte catene saranno costrette a ridurre il numero dei negozi, e anche la filiera della produzione ne risentirà. Con 40 domeniche di chiusura l’anno bisogna mettere in conto 150 mila posti in meno. Per un motivo molto semplice: l’apertura domenicale fa la differenza tra chiudere in attivo o in perdita. D’altra parte il fatturato del giorno di festa è in media pari al 20% di quello settimanale».
Non potrebbe semplicemente accadere che i consumi della domenica «traslochino» e si distribuiscano sugli altri giorni della settimana? «Forse una parte. Ma di certo non tutti — risponde Resca —. Per due motivi. Da un lato ci sono i consumi dei turisti che non possono essere rimandati. Dall’altra non bisogna trascurare i consumi d’impulso. Se ho l’occasione di entrare in un negozio perché lo vedo aperto posso fare un acquisto che altrimenti non avrei preventivato».
Resca mette in guardia rispetto alla riduzione degli investimenti sull’italia. «Non stiamo parlando di una previsione ma di una realtà. Molte catene hanno congelato il budget. Aspettano di vedere come cambierà la normativa. La chiusura domenicale, poi, rischia di far saltare diversi centri commerciali».
Ieri Confimprese ha presentato in audizione un sondaggio commissionato a Youtrend su un campione di oltre mille consumatori. Il 56% degli intervistati è favorevole alle domeniche con i negozi aperti. E dichiara di approfittare dell’opportunità visitando i negozi con la famiglia.
Resta aperta la questione del lavoro. Se la politica ha deciso di mettere mano alla materia è sopratutto perché dal 2011 non si è mai sopita la protesta di commessi e commesse sempre più spesso tenuti a lavorare la domenica. Non sarebbe stato più lungimirante trovare delle mediazioni? «I festivi sono maggiorati del 30% — taglia corto Resca —. E comunque ora la realtà con cui confrontarsi sono i 150 mila posti a rischio». Ma la discussione è solo agli inizi.