L’EQUILIBRIO PIÙ FRAGILE
La ricerca Oggi a Roma la quinta edizione dello Strategy Council di Deloitte. Privati e aziende non ritengono equo il sistema delle tasse, però spenderebbero per servizi adeguati «FISCO NEMICO» PER NOVE SU DIECI MA PER IL FUTURO LA LUCE SI VEDE
Il rapporto è in crisi ma non del tutto compromesso. Gli italiani hanno una relazione assai travagliata col Fisco: la quasi totalità (9 su 10) lo percepisce come un «nemico», non lo ritiene equo e si ritiene complessivamente insoddisfatta. In compenso però la maggioranza dei contribuenti sarebbe persino disposta a pagare più tasse in cambio di servizi più efficaci. L’analisi su equità fiscale e crescita economica sostenibile è l’indagine al centro della quinta edizione dello «Strategy council» di Deloitte.
«Il contesto internazionale — spiega Andrea Poggi, responsabile monitor Deloitte strategy consulting — è messo sotto pressione da importanti sfide globali quali: welfare, disoccupazione, ambiente, innovazione, la cui gestione richiede oggi almeno il 36% del Pil globale. Nei Paesi industrializzati le risorse economiche necessarie sono ancor più rilevanti, nel caso dell’italia stimabili pari al 45% del Pil nazionale. Situazione acuita dal fatto che il nostro Paese è, tra le economie più rilevanti, la nazione che più evidenzia la necessità di politiche di investimento in un contesto economico che vede un debito pubblico pari al 133% del Pil, che di fatto condiziona le stesse politiche di investimento e di sostegno sociale».
La revisione della tassazione è da più parti indicata come prioritaria al fine di risolvere disoccupazione, diseguaglianze sociali e immigrazione e per sostenere lo sviluppo del Paese. «Il Fisco Dall’alto, Andrea Poggi e Luigi Onorato, responsabile monitor e partner monitor di Deloitte strategy consulting — continua Poggi — rappresenta lo strumento ordinario alla base delle politiche economiche ed industriali, che può consentire di gestire le sfide del nostro tempo e di finanziare le iniziative di sostegno e sviluppo del Paese, garantendo al tempo stesso principi di solidarietà e di eguaglianza sociale».
L’ampia indagine demoscopica, condotta con Swg, evidenzia lo scollamento: il sistema fiscale nazionale non è ritenuto, dai contribuenti, pienamente adeguato a svolgere il suo naturale ruolo di supporto allo sviluppo industriale e sociale del Paese. È sempre più diffusa, infatti, la percezione di un Fisco come un «nemico» sia a livello di impresa (per il 55% delle aziende interpellate) che sia a livello privato. E la distanza è ancor più evidente se si paragona il modello italiano a quello degli altri paesi: da noi ha sfiducia nel sistema fiscale circa un italiano su due, contro il 27% della media estera e in particolare il 14% in Usa eil 13% in Svezia. «Dalle evidenze della ricerca e del benchmark con 6 Paesi esteri — afferma Luigi Onorato, partner monitor Deloitte strategy consulting — emerge un percepito che evidenzia come un’evoluzione del sistema fiscale sia una priorità per promuovere l’equità sociale, sostenere le imprese, la politica industriale ed aumentare la competitività del Paese: 9 italiani su 10, in linea con il percepito estero, reputa già oggi sostenibile una riduzione della pressione fiscale, in particolare attraverso una riduzione degli sprechi, lo afferma il 46%, e la lotta all’evasione secondo il 34%».
La possibilità di sostenere la crescita del paese si misura anche dalla capacità di riforme fiscale che sostengano la crescita. «I principali paesi mondiali, compresi i più all’avanguardia — continua Poggi — hanno avviato negli ultimi anni riforme strutturali del fisco con l’obiettivo di ridurre le corporate tax, sostenere le classi sociali più deboli e di aumentare l’occupazione e l’attrattività del Paese. L’italia non può restare fuori da questo processo di trasformazione fiscale. L’analisi di quanto stanno facendo i vari Paesi del mondo dimostra che non manca la fantasia circa le modalità ma è comune l’efficacia di nuove soluzioni volte a ridurre drasticamente l’economia sommersa».
A Singapore, il governo ha disposto ulteriori agevolazioni per le società in fase di start-up (totale esenzione d’imposta sui primi 100 mila dollari di imponibile). In Francia sono state varate misure a favore del «green» (deducibilità del 13,5% per le società che investono in ricerca e sviluppo). In Israele la «innovation authority» del Ministero dell’economia attua politiche di investimento diretto in imprese high-tech. In Portogallo, così come nelle Canarie e in Tunisia, vige un regime fiscale agevolato per incentivare i pensionati internazionali a trasferirsi. All’italia, per cominciare, basterebbe abbattere un cuneo fiscale tra i più elevati tra i paesi Ocse (47,7% in Italia contro la media del 35,9% Ocse), che contribuisce a rendere ancora più difficile il «fare impresa» del nostro Paese e abbandonare quel mortificante 46° posto per contesto favorevole alla creazione di business.