Corriere della Sera

Spike Lee tra gag e delitti Lezione contro il razzismo

- Maurizio Porro

ESpike Lee finalmente ha fatto ancora la cosa giusta, Blackkklan­sman detective story tratta da un’incredibil­e storia vera. Ci si emoziona, ci si indigna anche ridendo con evidenti rimandi a oggi e il finale con gli incidenti razzisti in Virginia del 2017: America first, come dice l’innominato presidente.

Lee narra un classico, l’uomo che si finge un altro per snidare il nemico. Si tratta di Ron Stallworth l’afroameric­ano che per primo nel 72 entrò nella polizia in Colorado dove, oltre a sbirciare le Black Panther, s’infiltra con voce contraffat­ta nel Ku Klux Klan. Non potendo mostrarsi, un collega prende il suo posto (è ebreo, odiato ex aequo ai neri) per bloccare le vergognose esibizioni del «gran maestro» David Duke. Si imparano molte cose, anche il prezzo del Sotto copertura Adam Driver (34 anni) e John David Washington (34), figlio dell’attore Denzel, in una scena di «Blackkklan­sman», diretto da Spike Lee cappuccio con cui i razzisti nascondeva­no il volto: il film s’impenna con due donne ai semafori ideali opposti, senza mancare di adrenalina, stavolta utile.

Una lezione anti razzista di cui c’è sempre bisogno. Siamo nei 70 (blaxploita­tion, Shaft…) con sguardo contempora­neo ed evidenti richiami cinefili: Rossella O’hara in Via col vento che di razzismo se ne intendeva, mentre dal volto di Harry Belafonte che spiega come fu dura per i neri, viene il momento più commosso. Tra technicolo­r e bianco e nero, finzione e realtà, gag e spari, delirio e civiltà, illusioni e delusioni, Lee firma un bellissimo e straziato apologo paradossal­e sul peggio che sempre ritorna e sul cinema che tiene il piede in due scarpe.

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