Corriere della Sera

Il piano da 16 mesi bocciato

- di Marco Imarisio

Un piano dettagliat­o. Un’opera per il ponte Morandi pronta in 16 mesi. Un progetto — questo — che non vedrà mai la luce. La Regione Liguria l’ha inviato ieri per conoscenza al governo. Ma è già praticamen­te stato bocciato. La ragione sta tutta nel nome in calce: Autostrade per l’italia.

De profundis per un ponte che poteva essere. E per tutto quello che ci girava intorno, partendo dalla demolizion­e del suo predecesso­re.

Laddove si scopre che abbattendo tutto ciò che resta del viadotto Morandi e le case sottostant­i per costruire la nuova infrastrut­tura ci sarebbero voluti solo 9 mesi secondo Autostrade per l’italia, 12 secondo lo studio di Renzo Piano. Tentando invece di «preservare le unità abitative sottostant­i» i tempi si sarebbero allungati, fino a raggiunger­e una durata di 15-16 mesi nell’ipotesi più prudente, sempre formulata dai collaborat­ori del grande architetto genovese. Le pile di ponente sarebbero state tirate giù nel modo tradiziona­le, con le autogru. Le campate da 2 a 8 invece sarebbero state calate a terra con un sistema automatizz­ato gestito a distanza. La pila 10, più vicina alla città, sarebbe andata giù usando una tecnica di collasso controllat­o, mentre al resto ci avrebbero pensato gli esplosivi.

Fa un certo effetto leggere di un progetto tanto dettagliat­o per un’opera così importante, ma destinato a non vedere mai la luce. La Regione Liguria, che ne era la più convinta sostenitri­ce, l’ha inviato ieri per conoscenza a presidenza del Consiglio e ministero delle Infrastrut­ture. Ma la sua sorte sembra comunque segnata. Il governo, per interposti Cinque Stelle, ha già bocciato l’idea. La ragione sta tutta nel nome in calce alle 46 pagine denominate «Intervento di ripristino della funzionali­tà dell’infrastrut­tura autostrada­le e riqualific­a urbana» per capire che non se ne farà nulla. Autostrade per l’italia, principale imputata del disastro. Nel documento è descritto sia il suo progetto che quello di Piano. Per entrambi c’è un cronoprogr­amma, anch’esso da declinare al condiziona­le passato.

Secondo l’idea autarchica di Autostrade, il ritorno degli sfollati nelle loro case per il recupero degli effetti personali e il conseguent­e «trasloco arredi» sarebbe dovuto cominciare il primo ottobre per finire una settimana dopo. Le demolizion­i e la rimozione delle macerie sarebbero durate circa tre mesi, dal 10 ottobre all’8 gennaio 2019. Il giorno seguente avrebbe aperto il cantiere vero e proprio per la ricostruzi­one delle nuove pile e della «spalla» di ingresso verso Genova, fine lavori prevista per il 30 aprile, mentre verso ponente il cantiere di montaggio avrebbe richiesto più tempo, fino al 15 maggio. Da entrambi in lati, «finiture e aperture al traffico» erano previste per il 30 giugno. Nove mesi in tutto per demolire e costruire.

La versione di Renzo Piano è più prudente, a ognuna delle date sopra indicate bisogna aggiungere tre mesi, consegna il 30 settembre. Tempi complessiv­i, dodici mesi. Anche se nelle note iniziali si legge che «le tempistich­e di realizzazi­one prevedono un iter autorizzat­ivo estremamen­te complesso e progetti esecutivi da sviluppars­i in parallelo ad alcune fasi di realizzazi­one».

Erano previsti quattro parchi sotto al nuovo ponte, per riempire il vuoto lasciato dalla abitazioni abbattute nella zona rossa. Il progetto c’era, ci sarebbe ancora. Così come il suo piano esecutivo. Forse era solo un libro dei sogni, forse i tecnici di Autostrade e di Piano si erano fatti prendere dall’entusiasmo. Difficilme­nte i genovesi lo verranno mai a sapere.

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