«O tutto o non voto» L’aut aut di Di Maio rompe la diga dei conti
La prova di forza con il titolare dell’economia: «Noi rappresentiamo 11 milioni di italiani»
MILANO Il tono — prima di imboccare il lungo tunnel del vertice sulla manovra che lo condurrà fino a sera — è deciso fin dal pomeriggio. Luigi Di Maio, parlando con i suoi, mette subito le cose in chiaro: «Io, Conte e Salvini siamo allineati per un rapporto deficit/pil del 2,4% minimo, Tria lo deve capire». La speranza del vicepremier è che la situazione si blocchi «senza che nessuno si dimetta», ma altrettanto forte è la volontà di inserire subito quel dato nella nota di aggiornamento del Def. Il ministro dell’economia — impegnato con Conte — raggiunge Di Maio e Salvini (che stanno già discutendo il da farsi) solo in un secondo momento. E dalle prime battute del summit trapela anche un certo ottimismo sulla possibilità che i nodi possano sciogliersi e si possa trovare un punto di incontro.
L’atmosfera cambia, però, quando il ministro dell’economia cala le sue carte: sì a sorpassare l’asticella del 2%, sì a finanziare quasi interamente il reddito di cittadinanza (Tria propone 8-10 miliardi per la misura), ma la cifra destinata al superamento della legge Fornero è di 2,5 miliardi. «Troppo pochi», ribatte Di Maio e fissa un nuovo tetto per rimodellare la legge. La cifra ipotizzata è di 8 miliardi e il nodo del rapporto deficit/pil rimane al 2,4%. Nel Movimento le acque si agitano. C’è chi ricorda: «Abbiamo fatto delle promesse e le dobbiamo mantenere». Al vertice, intanto, l’asse con la Lega tiene.
Di Maio insiste, fa pressing sul responsabile del Tesoro. «Siamo irremovibili, non arretriamo». Lo scontro si fa più serrato. Dopo ore di messaggi, indiscrezioni che filtrano dal Palazzo, Tria continua a esprimere preoccupazione. Di Maio fa sentire il peso delle sue truppe parlamentari: «O tutte le risorse per il reddito di cittadinanza, legge Fornero e centri per l’impiego o il Movimento non voterà la manovra».
La linea sottile che tiene saldi gli equilibri di governo sembra vacillare. L’idea di una crisi di governo autunnale è uno spettro che si affaccia nella sala. «Noi rappresentiamo 11 milioni di italiani», rimarca il capo politico dei Cinque Stelle. I suoi colonnelli — intanto — precisano: «Non si solo di mantenere la parola data, di promesse elettorali, ma della qualità della vita di milioni di persone». C’è chi ricorda i dati Istat: 5 milioni di poveri assoluti. Ma dentro alle stanze di Palazzo Chigi si stanno consumando le ultime battute di un vertice che ormai supera l’ora del crepuscolo. Alla fine, quando manca una manciata di minuti alle nove di sera, il ministro dell’economia capitola: Lega e Cinque Stelle vincono il braccio di ferro. L’annuncio dell’intesa filtra attraverso le agenzie di stampa. «La nostra linea Maginot del 2,4% ha retto», dicono i pentastellati.
«Abbiamo mantenuto le promesse. Con il reddito di cittadinanza e il superamento della Fornero è una vittoria del Movimento», esulta il vicepremier. E la piazza davanti a Palazzo Chigi si popola di parlamentari del Movimento (che erano stati convocati per una riunione alle 21, poi saltata). Di Maio fissa l’istante con una foto su Instagram: «Flashmob del Movimento 5 Stelle per festeggiare la Manovra del popolo». Una festa, però, con il pensiero rivolto ai prossimi mesi, perché è solo il primo passo di una strada ancora lunga da percorrere.
Il vertice
Per tutta la giornata il Movimento tiene l’asticella al 2,4%. E pochi minuti prima delle nove arriva la svolta