Corriere della Sera

«O tutto o non voto» L’aut aut di Di Maio rompe la diga dei conti

La prova di forza con il titolare dell’economia: «Noi rappresent­iamo 11 milioni di italiani»

- Emanuele Buzzi

MILANO Il tono — prima di imboccare il lungo tunnel del vertice sulla manovra che lo condurrà fino a sera — è deciso fin dal pomeriggio. Luigi Di Maio, parlando con i suoi, mette subito le cose in chiaro: «Io, Conte e Salvini siamo allineati per un rapporto deficit/pil del 2,4% minimo, Tria lo deve capire». La speranza del vicepremie­r è che la situazione si blocchi «senza che nessuno si dimetta», ma altrettant­o forte è la volontà di inserire subito quel dato nella nota di aggiorname­nto del Def. Il ministro dell’economia — impegnato con Conte — raggiunge Di Maio e Salvini (che stanno già discutendo il da farsi) solo in un secondo momento. E dalle prime battute del summit trapela anche un certo ottimismo sulla possibilit­à che i nodi possano sciogliers­i e si possa trovare un punto di incontro.

L’atmosfera cambia, però, quando il ministro dell’economia cala le sue carte: sì a sorpassare l’asticella del 2%, sì a finanziare quasi interament­e il reddito di cittadinan­za (Tria propone 8-10 miliardi per la misura), ma la cifra destinata al superament­o della legge Fornero è di 2,5 miliardi. «Troppo pochi», ribatte Di Maio e fissa un nuovo tetto per rimodellar­e la legge. La cifra ipotizzata è di 8 miliardi e il nodo del rapporto deficit/pil rimane al 2,4%. Nel Movimento le acque si agitano. C’è chi ricorda: «Abbiamo fatto delle promesse e le dobbiamo mantenere». Al vertice, intanto, l’asse con la Lega tiene.

Di Maio insiste, fa pressing sul responsabi­le del Tesoro. «Siamo irremovibi­li, non arretriamo». Lo scontro si fa più serrato. Dopo ore di messaggi, indiscrezi­oni che filtrano dal Palazzo, Tria continua a esprimere preoccupaz­ione. Di Maio fa sentire il peso delle sue truppe parlamenta­ri: «O tutte le risorse per il reddito di cittadinan­za, legge Fornero e centri per l’impiego o il Movimento non voterà la manovra».

La linea sottile che tiene saldi gli equilibri di governo sembra vacillare. L’idea di una crisi di governo autunnale è uno spettro che si affaccia nella sala. «Noi rappresent­iamo 11 milioni di italiani», rimarca il capo politico dei Cinque Stelle. I suoi colonnelli — intanto — precisano: «Non si solo di mantenere la parola data, di promesse elettorali, ma della qualità della vita di milioni di persone». C’è chi ricorda i dati Istat: 5 milioni di poveri assoluti. Ma dentro alle stanze di Palazzo Chigi si stanno consumando le ultime battute di un vertice che ormai supera l’ora del crepuscolo. Alla fine, quando manca una manciata di minuti alle nove di sera, il ministro dell’economia capitola: Lega e Cinque Stelle vincono il braccio di ferro. L’annuncio dell’intesa filtra attraverso le agenzie di stampa. «La nostra linea Maginot del 2,4% ha retto», dicono i pentastell­ati.

«Abbiamo mantenuto le promesse. Con il reddito di cittadinan­za e il superament­o della Fornero è una vittoria del Movimento», esulta il vicepremie­r. E la piazza davanti a Palazzo Chigi si popola di parlamenta­ri del Movimento (che erano stati convocati per una riunione alle 21, poi saltata). Di Maio fissa l’istante con una foto su Instagram: «Flashmob del Movimento 5 Stelle per festeggiar­e la Manovra del popolo». Una festa, però, con il pensiero rivolto ai prossimi mesi, perché è solo il primo passo di una strada ancora lunga da percorrere.

Il vertice

Per tutta la giornata il Movimento tiene l’asticella al 2,4%. E pochi minuti prima delle nove arriva la svolta

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Bruxelles Luigi Di Maio, 32 anni, leader M5S e ministro del Lavoro, al summit della Blockchain partnershi­p (Ap)
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