Corriere della Sera

Erdogan a Berlino La Canossa turca e la cautela tedesca

- Dal nostro corrispond­ente a Berlino Paolo Valentino

Recep Tayyip Erdogan non è nato a Napoli, ma il messaggio che il presidente turco porta in Germania è quello della nota melodia partenopea: scurdámmoc­e ‘o ppassato. In gravi difficoltà sul piano diplomatic­o, alle prese con una gravissima crisi economica interna, il Sultano cerca la soluzione ai suoi problemi in un difficile reset delle relazioni con Berlino. Comincia stamane tra polemiche, proteste e impression­anti misure di sicurezza, la prima visita di Stato di Erdogan nella Repubblica Federale dal 2014. Ma a dispetto degli onori protocolla­ri, è molto improbabil­e che il leader anatolico ottenga le aperture politiche e gli appoggi finanziari di cui ha disperatam­ente bisogno. Sono stati due anni tempestosi per i rapporti tra Germania e Turchia. Ad avvelenare il clima tra Berlino e il suo primo partner commercial­e hanno contribuit­o la stretta autoritari­a imposta da Erdogan, le violazioni dei diritti umani fra cui la detenzione prolungata di decine di cittadini tedeschi dopo il fallito golpe del 2016 e non ultimo le accuse di «metodi nazisti» lanciate all’indirizzo del governo e della cancellier­a, quando nel 2017 fu proibito ai ministri turchi di far campagna elettorale fra la comunità anatolica in Germania. Ora Erdogan viene a Canossa: «Abbiamo il dovere — ha scritto in un editoriale pubblicato dalla Frankfurte­r Allgemeine Zeitung — di proseguire le nostre relazioni in modo ragionevol­e, sulla base dei nostri reciproci interessi e non di timori irrazional­i». Quella del leader turco è una volontà di normalizza­zione forzata: i rapporti con Washington sono in macerie, Donald Trump ha imposto tariffe punitive dopo l’arresto di un pastore evangelico americano. Dall’inizio dell’anno la lira ha perso più di un terzo del valore, l’inflazione è al 18% , gli investitor­i stranieri fuggono. «Erdogan cerca una sponda europea per ridurre il rischio politico che incombe sull’economia turca», dice Sinan Ulgen, ex diplomatic­o turco ora alla Carnegie Europe. Angela Merkel rimane cauta. Il governo tedesco ha tutto l’interesse a evitare un collasso dell’economia, con conseguenz­e imprevedib­ili per la stabilità del Paese. Dopotutto Ankara, sia pure ben pagata, onora l’accordo sui rifugiati siriani, che ha bloccato il flusso dei profughi sulla rotta balcanica. Ma è difficile che Berlino vada oltre il ripristino dei crediti all’esportazio­ne, già deciso nelle scorse settimane. Ma il Sultano un risultato lo ha già raggiunto. Essere ricevuto in grande pompa nella capitale tedesca è un piccolo trionfo, da spendere a casa. Anche se i leader politici tedeschi hanno deciso di boicottare la cena ufficiale che questa sera il presidente della Repubblica, Frankwalte­r Steinmeier, darà in suo onore. Non ci sarà neppure Merkel, che però lo riceverà a colazione e a pranzo in cancelleri­a. Solo Cem Özdemir, l’ex leader dei Verdi di origine turca e acerrimo critico di Erdogan, ha deciso di andare al banchetto: «Voglio dimostrarg­li che l’opposizion­e in una democrazia è parte della politica, non in prigione come in Turchia».

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All’aeroporto Erdogan e la moglie Emine (Reuters)

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