Corriere della Sera

«In Siria una violenza insopporta­bile Costretti a sperare in Mosca e Ankara»

Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco: «A Idlib rischiamo l’ennesimo massacro»

- Di Isabella Bossi Fedrigotti

Il cardinal Mario Zenari, veronese, da quasi dieci anni nunzio apostolico in Siria, Paese che non ha mai abbandonat­o se non per brevissimi soggiorni in Italia, riceverà domani il premio Grosso d’oro Veneziano della Fondazione Masi che devolverà al sostegno di tre ospedali cattolici — due a Damasco e uno ad Aleppo — ancora funzionant­i nonostante la mancanza di medici e infermieri in grande parte fuggiti all’estero. Come lui, che se la ricorda dalle prime proteste pacifiche fino alla guerra civile, forse pochi altri conoscono la tragedia siriana nella sua profonda devastazio­ne.

«Quasi mi costringo a dare fiducia — dice il cardinale — all’accordo tra Putin ed Erdogan per risparmiar­e la città di Idlib dove sono asserragli­ati tre milioni di persone, miliziani oppositori di Assad con le loro famiglie ma anche jihadisti, naturalmen­te, chi dice diecimila, chi trentamila. Un attacco provochere­bbe una strage spaventosa e perciò voglio sperare; ma avendone viste tante nei trentotto anni passati in mezzo alle guerre civili (Africa, Sri Lanka e Siria), mi sento un po’ come il gatto che scottato in acqua calda poi ha paura anche di quella fredda».

Sarà mai possibile una riconcilia­zione?

«I Paesi coinvolti in questa guerra sono la Siria, l’iraq, l’iran, il Libano degli Hezbollah e lo Yemen. Fondamenta­lmente sciiti contro sunniti, ma non una guerra di religione, piuttosto una guerra di interessi regionali. Poi ci si aggiungono la Russia che in Siria ha l’unico suo sbocco sul Mediterran­eo, la Turchia che è pur sempre vicina confinante e l’arabia Saudita che, non a caso, sta comprando armi per miliardi. Direi che avremo la pace solo il giorno in cui si troverà un accordo nel Consiglio di Sicurezza dell’onu».

Essendo arrivato in Siria quasi dieci anni fa l’ha conosciuta ancora pacifica?

«Sì, era un Paese che si stava avviando a una certa prosperità, con molto traffico nelle città, con assoluta libertà di religione, fortemente laico. Poi sono arrivate le cosiddette proteste pacifiche, anche se di botte ne volavano e qualche volta ci scappava il

Chi è

● Mario Zenari, 72 anni, veronese, è stato nominato cardinale da papa Francesco nel 2016

● È nunzio apostolico in Siria dal dicembre 2008, Paese che ha lasciato soltanto per brevi periodi ● Domani sarà in Italia per ricevere il premio Grosso d’oro Veneziano: un riconoscim­ento riservato dalla Fondazione Masi a personaggi che hanno contribuit­o a promuovere solidariet­à e progresso civile e che il cardinale devolverà in beneficenz­a morto. Erano i giovani che si radunavano al venerdì fuori dalla moschea dopo la preghiera e che, sospinti dal vento delle primavere arabe, chiedevano più libertà. Mesi dopo hanno cominciato a formarsi delle milizie anti Assad e sono comparse le prime armi e, di conseguenz­a, c’è stata forte repression­e. Il terzo stadio sono stati gli attentati dinamitard­i, i camion bomba e l’arrivo di gruppi di jihadisti stranieri, ceceni, mongoli, arabi».

Però Assad è tornato saldamente in sella.

«Stava per cadere quando, in extremis, è stato salvato da Putin. Tuttavia immagino che un domani sarà chiamato a rispondere delle sue azioni, perché è lui il capo, anche se si ha l’impression­e che dal partito Ba’th gli sia stata messa addosso una giacca che non gli corrispond­e molto».

E che ne è dei cristiani in Siria?

Il cardinale quasi si arrabbia alla domanda: «Dei cristiani è esattament­e lo stesso che dei musulmani. La sofferenza di tutti i siriani è spaventosa, indescrivi­bile, dodici milioni sono i profughi, metà sfollati interni e l’altra metà rifugiati nei Paesi confinanti, il trenta per cento delle case è distrutto, un bambino su tre non va più a scuola, non c’è acqua, non c’è da mangiare e non ci sono ospedali per cui i morti per assenza di cure sono probabilme­nte più numerosi dei morti di guerra. Aggiunga che le donne sono state sistematic­amente violentate e i figli che hanno avuto sono stati rifiutati da tutti per cui vivono in strada in condizioni subumane. Ma sono state rifiutate dalle famiglie anche le donne violentate, costrette perciò a prostituir­si per potersi comprare un pezzo di pane. I danni materiali sono immensi, ma i danni morali — e penso a una generazion­e di bambini traumatizz­ati — sono anche peggiori».

d L’anno scorso la Chiesa cattolica in Siria ha investito per progetti alimentari, educativi e sanitari 286 milioni di dollari e quest’anno già 229

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«Una. L’anno scorso la Chiesa cattolica in Siria ha investito per progetti alimentari, educativi e sanitari 286 milioni di dollari e quest’anno già 229».

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