Tornano i Sessanta e i Settanta ma hanno il profumo dell’oriente
Da Paco Rabanne saltano le regole degli abbinamenti. Le sacerdotesse di Owens
Un po’ «come eravamo», hippy ante litteram, poco prima di essere femministe impegnate ma già felici di andare, o comunque di respirare arie nuove, alla scoperta di mondi sconosciuti. Anche semplicemente indossando senza regole questo o quel pezzo dal sapore esotico. Le prime tuniche, le prime gonne pareo, le prime fantasie misteriose e colorate. I gilet e le collane. Janis Joplin e Joan Baez. E poi c’era il presente con le mini gonne, i tessuti plasticosi e le maglie di metallo, un po’ Biba e Mary Quant. Così in questi giorni qui a Parigi, sulle passerelle della moda che verrà nella prossima estate. Sono profumi forti, di decenni importantissimi per le donne: gli anni Sessanta e Settanta. Assolutamente non didascalici, anzi. Ben traslati ad un oggi dove tutto è più possibile e facile, anche banalmente viaggiare o realizzare qualsiasi cosa con materiali incredibili.
Così da Paco Rabanne, Julien Dossena, sceglie certe forme lunghe-lunghe, ma le taglia a canottiera o a t-shirt e usa tessuti e maglie di metallo dalle stampe orientaleggianti poi mescola e innesta a lycra a fiori, pizzi, Sangallo. Saltano le regole dei più banali abbinamenti (a volte non c’è pezzo o tessuto o colore che c’entri con un altro) oppure è tutto un blocco (come il tailleur tre pezzi) magari, certo, di broccato. Da Courrèges debutta Yolanda Zobel e se il tema sono i Sixity, beh, una passeggiata per la stilista, che sceglie lo storico negozio di Francois 1er come location. Veli tecnici e parka e tunichette di metallo. Un po’ di confusione.
Da Chloé è una cintura di corda legata in vita alla maniera di certi santoni che segna la silhouette di tutta la collezione che è praticamente fatta di queste tuniche scivolate o di bluse corte su pantaloni scampanati. Parecchio hippye chic. Ma un po’ noiosa.
Continua il suo percorso Lemaire alla ricerca di un’eleganza sofisticata in bilico fra gli anni Novanta, certe forme over giapponesi e quella forte contaminazione con il maschile: pantaloni ampi e blazer ancor di più, trench e cappe e abiti-tuniche midi, maxi camicie. I bianchi e neri di Ann Demeulemeester non lasciano incertezze sul lavoro della stilista: anche lei sceglie le forme over (di giacche e spolverini e bluse e pantaloni) e cerca con ossessione, dunque tessuti leggeri e tecnici, che tutto sia sempre in movimento attorno ai corpi, dettaglio, per altro, che da sempre fa impazzire di gioia gli stilisti.
E poi c’è il futuro, apocalittico, di Rick Owens, a tinte scure e profonde, popolato di sacerdotesse guerriere vestite di cappe a brandelli e di tuniche drappeggiate e perfette, borse che sembrano lunghe scatole portafrecce e sandali monacali e scarponcini da sopravvivenza. Una altissima pira al centro della piazza e le fiamme alte per bruciare il presente.