TRAFFICO DI INFLUENZE, QUELLE INTERCETTAZIONI ANNUNCIATE E POI SPARITE
Non c’è più discussione pubblica possibile su pregi o difetti di una decisione del governo se i ministri dicono le bugie. Già era stata sbalorditiva la relazione in Senato il 12 settembre del premier Conte sulla nave Diciotti, perché, attestando che la Guardia Costiera subito il 15 agosto avesse informato il Viminale del trasbordo dei migranti (contrariamente a quanto lamentato il 16 agosto da Salvini), faceva trasparire il falso presupposto del braccio di ferro del ministro leghista dell’interno. Ora un caso emerge nel disegno di legge che il ministro grillino della Giustizia Alfonso Bonafede ama chiamare «spazzacorrotti». E tra i cui punti qualificanti il 6 settembre, giorno dell’approvazione in Consiglio dei ministri, rivendica la riformulazione del «traffico di influenze illecite» rispetto all’anemica legge Severino del 2012, con l’assorbimento del «millantato credito» e con la pena massima alzata a 5 anni (invece degli attuali 3), così da consentire ai magistrati le intercettazioni ammesse dal codice per i reati contro la pubblica amministrazione puniti con pene massime non inferiori a 5 anni. Tanto che, il giorno dopo, il ministro leghista della Funzione Pubblica, Giulia Bongiorno, in interviste chiede di definire bene le attività di lobby «proprio perché sono state alzate le pene con tutte le conseguenze che riguardano l’invasività delle indagini, comprese le intercettazioni». Ma nel testo “vero”, ora sul sito della Camera, si scopre (articolo 1, comma 1, lettera p) che in realtà la legge prevede non 5 ma, guarda caso, 4 anni e mezzo, comicamente un filo appena sotto il tetto per le intercettazioni. E non si sa cosa in teoria pensare sia peggio: che i ministri non sappiano cosa approvano, oppure che dicano le bugie su cosa approvano.