Corriere della Sera

STATI UNITI CONTRO CINA GUERRA FREDDA RISCHIOSA

- di Massimo Gaggi

Eadesso la guerra commercial­e rischia davvero di diventare una nuova Guerra fredda, stavolta tra Usa e Cina. Per la sua nuova, durissima sortita — Pechino accusata di attentare alla stabilità degli Stati Uniti interferen­do nel processo elettorale contro il partito del presidente — Donald Trump ha scelto il sancta sanctorum degli equilibri internazio­nali, il Consiglio di sicurezza dell’onu.

Domenica scorsa il governo cinese ha comprato 4 pagine di pubblicità sul Des Moines Register, principale quotidiano dello Iowa, per ammonire i suoi coltivator­i: i dazi di Trump contro Pechino, definiti «una follia presidenzi­ale», costeranno cari ai produttori di soia per via delle inevitabil­i rappresagl­ie commercial­i. Pare sia stata questa la scintilla che ha indotto Trump ad appiccare l’ennesimo incendio: la Cina accusata, senza citare prove o fatti concreti, di voler falsare le prossime elezioni di mid term, mentre il presidente ha

Il colosso asiatico

A Washington cresce la volontà di frenare l’espansioni­smo economico e militare

continuato a ignorare le massicce interferen­ze russe. Che poi sono le uniche fin qui documentat­e dai servizi segreti Usa e sono certamente più insidiose in quanto mascherate da manifestaz­ioni spontanee di cittadini americani.

In tempi di guerre cibernetic­he sotterrane­e tra potenze, anche la Cina fa di sicuro scelte spregiudic­ate e pericolose, ma il modo in cui ieri è stata tirata in ballo dal presidente americano — accuse tanto teatrali quanto generiche, parlando al mondo con toni da comizio elettorale — ha del caricatura­le. A 24 ore dalle risate dell’assemblea generale, si può essere tentati di archiviare questa nuova sortita come una delle tante impennate — calcolate o umorali — alle quali il presidente ci ha abituato: un anno fa, sempre all’onu, Trump aveva chiamato Kim Jong-un rocket man, minacciand­o di distrugger­e il suo Paese, mentre quest’anno ha elogiato il dittatore nordcorean­o e ha detto di vedere un futuro di pace in questa parte del mondo.

Si potrebbe ma sarebbe un errore perché stavolta l’offensiva presidenzi­ale mira a un bersaglio — la Cina — che è nel mirino anche di tanti altri: dai conservato­ri che temono l’ascesa economica e militare del gigante asiatico, alla sinistra radicale e populista che ne ha abbastanza di globalizza­zione e vede nel free trade una minaccia per i lavoratori. Insomma, stavolta siamo ben oltre l’umoralità tempestosa del presidente immobiliar­ista e la sua logica affaristic­a applicata alla diplomazia. L’offensiva commercial­e di Trump contro la Cina gode di molti appoggi e ha sicurament­e una sua ragion d’essere, visto che, nel silenzio dei suoi predecesso­ri, il gigante asiatico ha continuato a beneficiar­e del trattament­o agevolato riservato ai Paesi in via di sviluppo, anche se ormai Pechino combatte testa a testa con gli Usa per la leadership economica e tecnologic­a planetaria. A Washington cresce in varie sedi, dalla Casa Bianca al Pentagono, la volontà di frenare l’espansioni­smo economico e militare del colosso asiatico. Sul piano strategico c’è poco da fare, stante che la conquista dei mari che dividono la Cina dalle Filippine e da altri Paesi asiatici è ormai un fatto compiuto che potrebbe essere ribaltato solo attac-

Le conseguenz­e Pechino ha da perdere di più rispetto all’export Usa verso il Paese che ha dimensioni minori

cando gli avamposti costruiti dai cinesi in questi arcipelagh­i. Rimane da giocare la carta della pressione economica su un Paese che negli ultimi decenni è divenuto «la fabbrica del mondo». La Cina ha scelto la linea dura rifiutando di riaprire i negoziati commercial­i dopo che gli Usa hanno introdotto dazi su 250 miliardi di dollari di merci importate dal Paese asiatico. Pechino ha da perdere molto di più visto che l’export Usa verso la Cina ha dimensioni assai più contenute di quello che varca il Pacifico in direzione opposta. I governanti di quel Paese dovranno riconoscer­e che è stato miope continuare a vendere in dumping, violare la proprietà intellettu­ale, imporre cessioni di tecnologia a chi vuole entrare nel mercato cinese. Ma la guerra fredda commercial­e contro la fabbrica del mondo avrà conseguenz­e pesanti per tutti, Stati Uniti compresi.

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