Salone di Torino: il ministero tutelerà il marchio
Né nazionalizzare né acquistare il marchio del Salone ma «tutelarlo». Alberto Bonisoli, ministro per i Beni e le attività culturali, chiarisce in che cosa consiste l’annunciata discesa in campo in difesa della fiera di Torino. Lo fa proprio dal capoluogo piemontese, a margine della riapertura della Cappella della Sindone. «Abbiamo avviato un provvedimento di tutela nei confronti dell’archivio del Salone, e quindi del marchio. Non vuol dire che lo stiamo acquistando o nazionalizzando», spiega. Tecnicamente, quella aperta dal ministero è una «procedura di interesse culturale» per l’archivio del Salone, in cui rientrano «oggetti che abbiano matrice creativa nell’archivio», dunque il marchio ma anche, ad esempio, la Torre dei libri, opera di François Confino, che negli ultimi anni al Lingotto dominava nello spazio dei librai. Una volta perfezionata la procedura (minimo 80 giorni), l’operazione dà al ministero un diritto di prelazione nell’acquisto del marchio ma, precisa Bonisoli, «chi lo possiederà non è tra i nostri interessi primari. Se nessuno lo volesse, ce ne potremmo occupare, ma se ci saranno altri soggetti ne saremmo contenti. Il ministero può fare l’ultima linea di difesa». Aggiunge, però: «Chiunque lo possegga deve ricordarsi che il Salone ha un valore culturale di cui lo Stato è garante» e «chiunque acquisti un bene sotto tutela deve darne comunicazione. Il ministero sarà informato di tutti i passaggi di proprietà». Oltre a questo, la Il ministro tutela consente di controllare Alberto Bonisoli che l’uso del marchio sia
conforme al suo «valore culturale», dunque, ad esempio, se si decidesse di usarlo fuori da Torino, il ministero si potrebbe opporre. «Perché difendere il Salone e non altri eventi culturali?», qualcuno si chiede in ambienti editoriali. Dal ministero la risposta è che la fiera di Torino «è un’eccellenza e va tutelata nel rispetto delle diverse competenze e degli enti coinvolti».
L’iniziativa di Bonisoli, commenta la sindaca Chiara Appendino, «riconosce il ruolo nazionale e internazionale del Salone. Ogni anno sento dire che è morto. Invece è vivo e fortissimo». In realtà la situazione resta complicata: il commissario liquidatore, Maurizio Gili, dovrebbe predisporre entro ottobre la vendita degli asset della Fondazione per il Libro, l’ente che organizzava il Salone, tra i quali il marchio; entro la prima settimana di ottobre si attende la nomina del presidente, dopo le dimissioni di Massimo Bray; oggi ci sarà un nuovo tavolo di crisi con i lavoratori del Salone, che erano dipendenti della Fondazione e che potrebbero essere ricollocati tramite bandi; il direttore Nicola Lagioia aspetta un contratto. Appendino però si mostra sicura: «Non abbiamo bisogno di Milano», ribadisce in riferimento alla proposta dell’associazione italiana editori (Aie), che in Lombardia organizza Tempo di Libri, di unire le forze. Si fanno sentire pure gli editori indipendenti dell’associazione Adei, erede degli Amici del Salone: «No a proposte che cambino luoghi, date, modello della fiera. Il Salone è la casa di tutti gli editori ma non può essere ostaggio di chi ha cercato di affossarlo».
Per il destino di Tempo di Libri bisognerà attendere il 29 ottobre, quando si riunirà il cda di Fiera Milano, che organizza l’evento con Aie. Ieri è intervenuto il sindaco Giuseppe Sala: «Si sta cercando una formula alternativa, che non obblighi gli editori a rifare la stessa cosa a Milano e Torino. I promotori ci stanno lavorando, li incontrerò presto ma questa è la via maestra». Sempre che, da qui a marzo, quando sarebbe prevista la manifestazione, resti il tempo per farlo.