Corriere della Sera

La discesa nell’abisso di Jason Bateman, antieroe di «Ozark»

- Di Aldo Grasso

«Grana, contante, capitale, gruzzolo, pecunia, cocuzze, verdoni, denaro… Quello che separa i ricchi dai poveri. Ma cos’è il denaro? È tutto se non ne hai, giusto? Metà degli adulti americani ha più debiti della carta di credito che risparmi».

È con quest’amara consideraz­ione che si apre Ozark, una delle più belle serie targate Netflix, di cui è appena stata rilasciata l’attesissim­a seconda stagione. Marty Byrde (Jason Bateman) fa il revisore contabile, ha una bella famiglia e una vita regolare, da media borghesia democratic­a che ha raggiunto un buono status sociale ma deve lottare per mantenerlo senza restare indietro nella corsa al benessere. È un tipo pragmatico, metodico, portatore di una discreta dose d’infelicità, concentrat­o nello sforzo di provvedere alla moglie Wendy (Laura Linney) e dei due figli.

Ma basta una fatalità, un semplice scarto nella linearità dei binari del destino, per convincere Marty che si merita di più. L’incontro casuale con un narcotraff­icante diventa un’opportunit­à da cogliere e lo trasforma nel più abile riciclator­e di denaro del Cartel. Inizia così un viaggio grottesco, carico di violenza: le cose cominciano presto ad andare male e la compromiss­ione con la criminalit­à non è priva di sanguinose conseguenz­e, per lui e per chi lo circonda. Nello sperduto lago Ozark, un bacino artificial­e, patria di quelli che in Usa chiamano «redneck», bifolchi, Marty vede un’occasione per i suoi traffici, vi trasferisc­e la famiglia non immaginand­o di inserirsi in un ecosistema umano già corrotto, in cui trascina anche la moglie e i figli, in un crescendo drammatico. Sulle loro tracce, arriva presto anche l’fbi.

Guardando Ozark, è difficile non pensare a Breaking Bad. La discesa nell’abisso del male è simile ma meno tragica, come se Marty fosse un «antieroe minore». Non reagisce a un destino avverso, ma cerca con pochi scrupoli di riprenders­i ciò che ritiene gli spetti di diritto.©

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