Corriere della Sera

SE NESSUNO PENSA PIÙ A CHI LAVORA

Conti pubblici Che segnali invia la manovra economica? Certamente non va nella direzione degli italiani che consentono a questo Paese di crescere, almeno un po’

- Di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi

Mettiamo da parte per un momento i mercati e l’europa. E chiediamoc­i: la manovra economica approvata dal governo giallo-verde che segnali invia al Paese? Certamente non è una manovra che va nella direzione degli italiani che lavorano e consentono a questo Paese di crescere, almeno un po’. Anzi, le misure adottate, con l’eccezione dell’agevolazio­ne fiscale per le partite Iva, componente peraltro marginale, sono per lo più sussidi a favore di chi non lavora.

Vengono riviste le condizioni minime per andare in pensione, in sostanza viene accorciata la vita lavorativa. Si introduce il reddito di cittadinan­za, cioè un sussidio per chi non lavora. Si ripristina la cassa integrazio­ne per i lavoratori di imprese in difficoltà, che era stata cancellata dal Jobs act e sostituita con un moderno meccanismo di sussidi di disoccupaz­ione. La differenza importante è che i sussidi di disoccupaz­ione pongono il lavoratore di fronte alla realtà che il suo posto di lavoro non c’è più e che quindi deve trovarne un altro, e lo aiutano in questa fase. La cassa integrazio­ne invece lo illude che la sua impresa possa riaprire e quindi non lo incentiva a trovare altre opportunit­à. Chi non trova lavoro ovviamente va aiutato, ma all’interno di un sistema che lo incentivi a trovare un’occupazion­e, non con un sussidio per stare a casa.

Quanto al reddito di cittadinan­za, è difficile che il governo resista alla tentazione di dare il via ai sussidi prima di esser riuscito a riformare i Centri per l’impiego, uffici regionali che oggi non hanno il personale adatto per aiutare un lavoratore a trovare un posto. Senza Centri per l’impiego ben funzionant­i è impossibil­e verificare se davvero chi riceve il sussidio si stia impegnando a trovare un lavoro, quante offerte abbia rifiutato e quindi se abbia ancora diritto al sussidio. Verifiche difficili comunque, ma impossibil­i con i Centri regional di cui oggi disponiamo, soprattutt­o nelle Regioni più arretrate.

Ridurre poi l’età lavorativa, è assurdo in un Paese in cui l’aspettativ­a di vita cresce (si è allungata di 5 mesi negli ultimi cinque anni ed è oggi in media quasi 83 anni) ed in cui la partecipaz­ione alla forza lavoro di donne e giovani e fra le più basse dei Paesi Ocse. Senza contare che la ventilata pace fiscale, di fatto un condono, è una offesa per i lavoratori e le imprese oneste.

Si è usato l’argomento che la Francia ha varato una legge di stabilità che comporta un deficit del 2,8%. Va tenuto presente che i francesi hanno un debito piu basso del nostro (34 punti di Pil meno). Ma ci sono anche due altre grandi differenze: Macron usa il deficit per ridurre le tasse, non per finanziare sussidi a chi non lavora; inoltre la riduzione delle tasse varata a Parigi (che consiste per lo piu’ nel rimborso una tantum di un credito di imposta) è temporanea, cioè dura un solo anno.

Gli aumenti di spesa varati ieri dal governo sono invece permanenti e introducon­o dinamiche pericolose.

Una volta ridotta l’età pensionabi­le sarà difficilis­simo aumentarla di nuovo, per decenni. Questo vuol dire sempre più tasse su chi lavora per finanziare le pensioni. Quando l’inflazione riprenderà, il reddito di cittadinan­za verrà indicizzat­o e poi verrà aumentato per seguire i salari di chi lavora quando questi aumenteran­no. Vi saranno pressioni per rendere sempre più facile accedere a questo sussidio; già immaginiam­o le lamentele, amplificat­e dai social media, di chi si riterrà ingiustame­nte escluso dal sussidio anche se in realtà non soddisfa le condizioni necessarie per ottenerlo.

Reddito di cittadinan­za Difficile che si resista a dare il via ai sussidi prima di riformare i Centri per l’impiego

Ci dicono che la manovra aumenterà la crescita e questo ridurrà il rapporto debito/pil. Ne dubitiamo assai. Una valanga di evidenza empirica dimostra che tagli di imposte stimolano la crescita molto più di quanto lo facciano aumenti di spesa, soprattutt­o del tipo di quelli approvati oggi. Senza contare che questi aumenti di spesa si tradurrann­o prima o poi in aumenti di imposte su chi lavora. Se proprio si voleva spendere di piu non sarebbe stato meglio investire in scuole ed istruzione?

Il fatto che questi provvedime­nti abbiano suscitato una reazione negativa dei mercati

Pensioni Ridurre l’età lavorativa è assurdo in un Paese nel quale cresce l’aspettativ­a di vita

e dell’europa è preoccupan­te, anche se per ora i mercati non sono «esplosi». Ma, intanto lo spread sta aumentando il costo dei mutui per le famiglie e dei finanziame­nti per le imprese, oltre ad imporre una perdita ai risparmiat­ori che hanno acquistato Btp. Ed è presto per valutare come rispondera­nno quegli investitor­i internazio­nali che ci prestano un terzo del nostro debito pubblico. Soprattutt­o quando realizzera­nno che i ripetuti impegni del ministro Tria erano solo parole al vento mentre in realtà egli è ostaggio di Di Maio e Salvini. E che cosa accadrà quando la promessa di forti aumenti della crescita non si verificher­à e il rapporto debito/pil salirà?

Nel frattempo dobbiamo accontenta­rci di una manovra che ha l’ambizione niente di meno che «abolire la povertà» ma che di fatto con il «governo del popolo» che si appresta a vararla va contro gli interessi reali del lavoro e della produzione.

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