Tenuta dei conti La preoccupazione del Quirinale
Mattarella e la reazione dei mercati
Una mattinata a sorvegliare il barometro di mercati e finanza che, come prevedibile, segnava tempesta già prima dell’apertura delle Borse. E poi, fino a sera, una serie di contatti per capire che tipo di prospettive anticipa lo spread schizzato a quota 280, mentre il tonfo di piazza Affari (la peggiore in Europa) puniva qualche banca portandola al limite della sospensione del titolo. Soltanto un’esagerata reazione emotiva, destinata a riassorbirsi presto? Oppure il preludio di un downgrade generalizzato per la nostra economia?
«Temo che passeremo giorni anche peggiori di questo venerdì nero», profetizza ieri a Sergio Mattarella uno dei suoi interlocutori. Tanti. Tra i quali c’è di sicuro pure Mario Draghi, con cui il presidente della Repubblica si sente abbastanza spesso, quando vuole capire in che modo può evolvere la situazione dell’eurozona. A tutti gira i propri interrogativi sulla «manovra del popolo». E, com’è ovvio, lo allarma che il solo annuncio di questa spallata italiana alle regole europee abbia incenerito in poche ore alcune miliardi. Altro che scelta «espansiva».
Il capo dello Stato è «molto preoccupato per la tenuta dei conti», dicono dallo staff, proteggendo il suo lavoro di valutazione degli scenari che si aprono adesso. Di sicuro preoccupato è anche della «tenuta» del ministro del Tesoro Giovanni Tria, che giovedì era stato spregiudicatamente minacciato dagli azionisti dell’esecutivo gialloverde, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, pronti a sfiduciarlo se non avesse sottoscritto la legge di bilancio alle loro condizioni. L’avallo a portare il deficit al 2,4 per cento per tre anni lo ha infine dato, arrendendosi. Ma senza dimettersi, «per carità di Patria e sensibilità nei confronti di Mattarella», come ha sintetizzato qualche sito.
Ieri, però, Tria appariva ancora scosso da quella prova di forza e con sentimenti in bilico, se pur non verso un abbandono immediato. Lo scopo della sua permanenza in carica, infatti, è anche quello di tranquillizzare i mercati ed evitare che l’italia sia relegata ai margini dell’ue e «punita» perché considerata un potenziale veicolo di contagio.
Sul senso di responsabilità del ministro, oltre che su affidamenti venutigli da altri fronti, aveva fatto assegnamento il presidente della Repubblica l’altra sera. A negoziato non ancora concluso, ma persuaso che il Consiglio dei ministri avrebbe sancito l’accordo per uno sforamento a quota 1,9 — più prudente e magari accettabile per Bruxelles — è andato al concerto per i novant’anni di Ennio Morricone. La sorpresa, con gli echi dello scontro, l’ha avuta alle 23. Quando è rientrato al Quirinale
Il futuro Tra i suoi interlocutori c’è chi parla di timori per «l’arrivo di giorni peggiori»
e ha scoperto ciò che era accaduto guardando alla tv la festa dei grillini sotto palazzo Chigi, con la claque dei parlamentari e gli hurrà di Di Maio e degli altri ministri dal balcone.
«Aboliremo la povertà», urlavano. E chissà che cosa pensa il capo dello Stato di un proclama tanto perentorio. Sì, perché un azzardo subordinato della manovra è proprio sul rispetto di quota 2,4. Insomma: se l’euforia andata in scena nella piazza del potere inducesse i partner gialloverdi a mettere in cantiere tutte le riforme collegate di cui parlano nei talk-show, quello sforamento molto probabilmente non basterebbe e non a caso c’è chi ipotizza una quarantina di miliardi. Senza contare le inevitabili «lievitazioni» che potrebbero scattare nel percorso parlamentare. Mattarella, nella sua storia politica ne ha viste tante. Perciò già si prepara a un supplemento di sorveglianza.