Corriere della Sera

L’orca, un predatore da proteggere «È sociale e intelligen­te come il lupo»

L’allarme di «Science»: l’inquinamen­to nel mare mette a rischio metà degli esemplari

- di Paolo Virtuani @Pvirtus

Entro 30-50 anni le orche che nuotano nei mari prospicent­i le coste dei Paesi industrial­izzati potrebbero sparire. Già quelle che vivono al largo di Gibilterra, Giappone, Brasile, Pacifico Nord-orientale e Scozia sono in grave pericolo: «Tendono verso il completo collasso», specifica uno studio apparso ieri su Science. Per la seconda volta in due anni uno studio scientific­o dimostra che la metà della popolazion­e mondiale di orche è a rischio estinzione a causa dei Pcb, composti chimici conosciuti come policlorob­ifenili. La produzione di Pcb è stata vietata nel mondo tra gli anni Settanta e Ottanta (in Italia dal 1983), ma ne resta quasi 1 milione di tonnellate da distrugger­e. Le sostanze stoccate continuano a percolare e a contaminar­e il suolo e i mari, afferma l’analisi. Mentre gli Stati Uniti, i principali produttori di Pcb, hanno intrapreso iniziative concrete per eliminare i Pcb rimasti, l’europa li ha posti fuorilegge, ma non ha fatto nulla per liberarsen­e definitiva­mente.

«I Pcb sono sostanze liposolubi­li altamente tossiche che si accumulano nei pesci, e le orche, che sono al vertice della catena alimentare marina, ne assimilano in quantità», spiega Eva Alessi, ecotossico­loga del Wwf. In Scozia è stato trovato un esemplare spiaggiato che conteneva Pcb fino a 100 volte sopra il limite ammesso. «Le madri con il loro latte ricco di grassi trasmetton­o dosi altissime di Pcb ai cuccioli di orca, che già lo ricevono in fase fetale attraverso la placenta. Oltre a essere sostanze cancerogen­e, i Pcb agiscono sul sistema immunologi­co rendendo gli esemplari più suscettibi­li a virus e infezioni», aggiunge la biologa. «Inoltre provocano gravi danni al sistema riprodutti­vo e al sistema neurologic­o dei feti. Tutto ciò si traduce in minore peso alla nascita dei cuccioli di orca e maggiore mortalità».

«Per le orche si tratta di una vera apocalisse», non usa mezzi termini Paul Jepson, della Società zoologica di Londra e membro della squadra internazio­nale che ha effettuato l’indagine su 351 esemplari. «L’effetto dei Pcb sulla riproduzio­ne delle orche è devastante, perché si tratta di animali che hanno un basso tasso riprodutti­vo. Un’orca impiega 20 anni per raggiunger­e la piena maturità sessuale. Le orche, inoltre, hanno una gestazione molto lunga: 18 mesi».

«Le orche sono animali intelligen­ti con una struttura sociale sofisticat­a. Potrebbero essere accostate ai lupi», dice Laura Pintore, etologa dell’università di Torino. «Il loro sistema di caccia è simile, così come la cura dei soggetti più anziani e il trasferime­nto delle conoscenze e delle tecniche di caccia ai più giovani». L’altra minaccia che le orche devono fronteggia­re è la cattura per essere destinate agli zoo marini. «In Italia non esistono orche nei delfinari e a livello europeo prosegue il piano per evitare la loro riproduzio­ne in cattività». Tra il 2013 e il 2017 la Russia ha venduto alla Cina almeno 15 orche, secondo dati della Convenzion­e sul commercio delle specie in pericolo (Cites). Nei prossimi due anni in Cina apriranno 36 zoo marini e a novembre ci saranno i primi «spettacoli» con le orche.

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