Corriere della Sera

«MACEDONIA DEL NORD» LA GUERRA DEL NOME DA VINCERE CON IL VOTO

- di Franco Venturini

Se domani la Macedonia voterà come prevedono i sondaggi, la Nato avrà vinto una nuova piccola guerra nei Balcani. Piccola, per fortuna, perché qui nessuno spara, nessuno bombarda, e le ostilità saranno limitate alle urne di un referendum: «siete favorevoli o no alla futura adesione alla Ue e alla Nato, e perciò approvate il nuovo nome di Repubblica della Macedonia del Nord? » . Qualcuno potrebbe sorridere, apprendend­o che per ben 27 anni, fino all’accordo del giugno scorso, macedoni e greci si sono odiati a causa del nome dell’ex Repubblica jugoslava. Atene denunciava rivendicaz­ioni territoria­li di Skopje, faceva notare che la sua cultura slava nulla aveva a che fare con quella ellenista, e intanto bloccava le sue domande di adesione alla Ue alla Nato. Poi, la scoperta della ragionevol­ezza: bastava cambiare parzialmen­te il nome, distinguer­e la Macedonia greca da quella «del nord» . E così si è giunti al referendum di domani. Non senza una guerra diplomatic­a combattuta tra l’occidente e la Russia. Nei mesi scorsi sono stati a Skopje la cancellier­a Merkel, il Segretario dell’alleanza Atlantica Stoltenber­g, la responsabi­le della politica estera dell’unione Mogherini, e soprattutt­o il Segretario alla difesa americano Mattis che ha portato un messaggio politico molto forte e svariati milioni di dollari da distribuir­e tra aiuti per la sicurezza, assistenza economica e iniziative per contrastar­e la propaganda russa. Già, perché Mosca non è rimasta con le mani in mano. Decisa come sempre ad ostacolare l’ampliament­o della Nato nei Balcani, la Russia ha investito anch’essa ingenti capitali a sostegno dei nazionalis­ti che rifiutano il nuovo nome, e ha «coperto» centinaia di siti internet tutti orientati a favore dell’astensione di massa e dunque della invalidità della consultazi­one (deve essere superato il 50 per cento) . È stata una guerra segreta, combattuta mentre ben altri problemi scuotevano il mondo e dunque ignorata dai più. Eppure questo referendum potrebbe segnare una svolta positiva nei Balcani mai davvero pacificati, mentre anche tra Serbia e Kosovo fa capolino l’ipotesi di un ragionevol­e scambio di territori.

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