Corriere della Sera

IL PROCESSO ALLA DERIVA HA RITROVATO LA «RAGIONE»

- di Remo Danovi Presidente dell’ordine degli avvocati di Milano

Caro direttore, la carta stampata è da tempo in difficoltà e troppe copie sono sostituite dalle molteplici forme di diffusione delle informazio­ni, accessibil­i, gratuite e spesso anche abusive, come ha dimostrato, a chi abbia saputo leggere e comprender­e, la vicenda della proposta di direttiva approvata due settimane fa dal Parlamento europeo.

Leggere e comprender­e, appunto: ciò per cui la carta stampata resterà a lungo insostitui­bile, nonostante la potenza (e il frastuono) della rete e delle banche dati, insuperabi­li per la capacità di far circolare, in quantità e qualità, documenti e informazio­ni, news e fake news. Il Corriere della Sera ha contribuit­o in misura rilevante a uno straordina­rio e impensabil­e successo su una questione che, grazie alla sua ospitalità, denunciai giusto un anno fa («La deriva del processo a danno dei cittadini», 7 ottobre 2017). Da tutta Italia ricevetti decine di messaggi di sostegno e di incitament­o.

Lunedì scorso, con una elegante e leale marcia indietro, la Corte di cassazione a Sezioni unite (cioè nella sua massima e più autorevole composizio­ne) ha corretto la precedente posizione sulla «improcedib­ilità» dei ricorsi, quando la copia degli atti notificati in via telematica alla parte avversaria non sia accompagna­ta dalla «attestazio­ne di conformità» all’originale,

Atti telematici Dopo la denuncia la Cassazione ha cambiato indirizzo sull’autenticaz­ione

firmata dal difensore. La formula è tecnica, ma la sostanza è semplice e riguarda qualsiasi cittadino: in attesa del processo telematico in Cassazione (non ancora attivato, chissà perché), i documenti digitali ridiventan­o cartacei. Se l’avvocato non dichiara e non sottoscriv­e che i documenti di carta sono conformi a quelli trasmessi alla — o ricevuti dalla — contropart­e via posta elettronic­a certificat­a, il processo «non s’ha da fare» (e magari se ne crea un altro, perché il cittadino chiederà i danni all’avvocato).

Tutto questo fino a ieri. Ai nuovi vertici della Cassazione, al primo presidente e al procurator­e generale, non sono sfuggite la protesta degli Ordini degli avvocati lombardi, la delibera dell’ordine milanese, l’articolo sul Corriere della Sera... Il 17 luglio ne hanno discusso in Camera di consiglio e lunedì hanno depositato la sentenza 22438/18, che al formalismo interpreta­tivo sostituisc­e i principi (quanto spesso trascurati!) del Codice dell’amministra­zione digitale e, soprattutt­o, della Corte europea dei diritti dell’uomo, per la quale la «effettivit­à della tutela giurisdizi­onale (e la) ragionevol­e durata del giusto pro- cesso (...) rappresent­ano un patrimonio comune di tradizioni giuridiche condivise a livello sovranazio­nale».

Una ventata di aria fresca, alla vigilia del Congresso nazionale forense di Catania. Il rifiuto del giudizio deve restare un’eccezione, la inevitabil­e sanzione per i vizi assolutame­nte insanabili. Il diritto ha le sue regole, ma se perdono di vista la ragione e il buonsenso diventano incomprens­ibili e ingiuste. In politica, in economia, anche in diritto, i giornali a questo servono: aiutare a non perdere di vista la ragione, attraverso il confronto delle idee. Attestazio­ne e firma, se proprio necessarie, potranno essere aggiunte il giorno dell’udienza.

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