SPENDERE PER CRESCERE NON PER COMPRARE CONSENSO
Caro Aldo, il governo ha deciso di dare soldi a chi non produce reddito o si prepara a non produrne più; e riduce le tasse a chi ne paga già poche o non le ha pagate! Quale speranza c’è nel futuro considerato il vento che soffia nel resto d’europa? Beppe Selva
Finalmente nasce il reddito di cittadinanza. Un Paese civile non può fregarsene dei milioni di poveri che l’era globale lascia alle spalle come fossero un fisiologico effetto collaterale. I poveri non sono numeri, ma persone, cittadini come tutti gli altri e che soffrono per colpe e ragioni che vanno ben oltre le loro vite e le loro forze. Tommaso Merlo
Cari lettori,
Sulla manovra, e sulla strategia di comunicazione con cui è stata presentata, sono arrivati centinaia di commenti, tutti degni di interesse. Non mi indigno affatto per la scelta di aumentare il deficit. La priorità in questo momento non è ridurre il debito pubblico, per quanto ingente; è far ripartire l’economia. Qualsiasi parametro calcolato sul Pil sarà sempre deludente, fino a quando il Pil non riprenderà a crescere in modo robusto. Ma qui non si è deciso di sfidare l’europa in nome della crescita, bensì dell’assistenza. Non si spende per far ripartire l’economia; si spende per comprare consenso. E questo è sbagliato due volte. Perché così si fa nuovo debito improduttivo; che dovrà essere ripagato in futuro con nuove tasse, nuovi sacrifici, nuovi effetti depressivi sull’economia.
Nessun Paese al mondo diminuisce l’età pensionabile. La Russia di Putin, modello dichiarato di Salvini, l’ha appena aumentata di cinque anni. Quando si parla di vite operaie occorrono sempre rispetto e cautela. Giusto intervenire per i lavori usuranti, per temperare alcuni eccessi della riforma. Ma l’italia spende già troppo in pensioni, e troppo poco nella scuola, nella formazione, nell’avviamento al lavoro. Non parliamo poi del reddito di cittadinanza, bel modo di chiamare i vecchi sussidi di democristiana memoria.