Corriere della Sera

L’italvolley si scioglie, il Mondiale è già finito

La Polonia si aggiudica subito il set che la spinge in semifinale ed elimina gli azzurri

- Flavio Vanetti

TORINO Il miracolo non solo non è riuscito, ma nemmeno è stato abbozzato. Presa a pallate dalla Polonia campione in carica, che ha accelerato le pratiche per blindare primato nel girone e qualificaz­ione alle semifinali, l’italia del volley è stata schiantata nel primo set a suon di ace, murate e rigiocate: Kurek ha dato il là (3-7), quindi è finita con un massacro (14-25). La tagliola è così scattata: altro che pensare al 3-0 e ai calcoli sullo scarto, l’eliminazio­ne iridata è diventata automatica. Bastava una frazione ai polacchi per mandarci a casa e così è stato. Di questa serata rimarrà l’esaltante spettacolo del Pala Alpitour: luci, ole, entusiasmo e 12 mila sugli spalti. Un contorno che meritava di più: nessuno si illudeva, ma ci si aspettava una tenuta migliore, questo sì.

Nessuno si illudeva. Ma ci si aspettava una tenuta migliore, questo sì. Finisce dunque in modo triste, con un sesto posto, un Mondiale che avrebbe dovuto riportare l’italia almeno al livello della zona podio. Invece per le medaglie lotteranno Polonia, Serbia, Brasile e Usa, le ultime due ieri protagonis­te di un confronto-farsa che ha ribadito quanto sia insulsa la formula (hanno giocato le riserve in un «ciapanò» finalizzat­o a preservare le energie). Noi rimaniamo con la mascotte «Volly» che ha di nuovo portato male come nel 2010, con il Pala Alpitour che dopo la Nazionale di basket ha «segato» quella delle schiacciat­e, e con un po’ di sogni infranti: dall’idea di rompere il digiuno iridato (nel 1998 l’ultimo di tre titoli di fila, ndr) al ripetere, in subordine, almeno il volo del «Gabbiano» di Carmelo Pittera, la squadra che 40 anni fa arrivò seconda a Roma.

Ci si domanderà perché è mancata la chiusura del cerchio, dopo che Azzurra aveva navigato bene nelle prime due fasi (e nell’unica sconfit- ta, contro la Russia, aveva reagito e lottato). Le spiegazion­i sono tante, partendo magari dal fatto che questa squadra è buona, ma non buonissima. Si può poi dire che Simone Giannelli, talento puro, sconta ancora qualcosa in termini di esperienza; che Osmany Juantorena, a 33 anni, soffre di più e per questo motivo non deve avere assenze nel periodo della preparazio­ne (pur nelle more di una gestione oculata); che Ivan Zaytsev è il miglior ricevitore, salvo non poter mettere al servizio la sua dote, volendo giocare opposto; che ci sono, infine, chiare sofferenze nella posizione di schiacciat­ore.

Quest’ultimo, per noi, è l’aspetto più critico, guardando al futuro e al fatto che non è scontato che Juantorena arrivi fino ai Giochi 2020. Lanza è migliorato, ma forse ha plafonato (a Perugia, dove giocherà assieme al fuoriclass­e Leon, il compito di spiegarlo). Al suo fianco, Randazzo (24 anni) ha margini di crescita, Maruotti (30) probabilme­nte no. Dalle giovanili si attendono i figli d’arte Davide Gardini e Francesco Recine. Il primo andrà in un college Usa (fatto positivo), il secondo rimarrà invece ancora in A2 nel Club Italia, scelta discutibil­e perché a 20 anni (in arrivo) uno deve giocare nella Superlega. Ma nel massimo campionato, gli stranieri saturano il ruolo di martello. E da quello che si sente dire, si «semina» pure di meno nei fondamenta­li, in particolar­e nell’arte della ricezione.

Quello della formazione è un guaio che ha già zavorrato il basket: il volley vuole imitarlo?

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(Lapresse) Al tappeto Ivan Zaytsev a terra, l’italia ha fallito l’appuntamen­to con le semifinali mondiali in casa

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